La Sartoria, questa Cenerentola

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Negli ultimi anni la letteratura sulla storia della sartoria e sulla storia del costume, accademica e non, si è arricchita di moltissimo materiale, grazie anche all’impulso negli studi della cultura materiale, termine ormai molto in voga, di cui anche gli abiti possono far parte.

Da sinistra a destra: – 1080 ca., c.d. Arazzo di Bayeux, Bayeux, ricamo su lino; – 1520 ca., Alessandro da Vendri, la famiglia Giusti da Verona, giovane uomo con camicia riccamente ornata di lavori ad ago in bianco, Nat. Gall. dett.; – 1568, Antonio Mor, Ritratto di Sir Henry Lee, dett. con la manica dell’abito ornata di ricami che alludono alla sua posizione di favorito della Regina, visto che la sfera armillare e i nodi erano emblemi personali della Regina, Nat. Portrait Gall. London; – 1588, Niclauss Kippel, Book of italian Costumes, Walters Art Museum, Baltimora, pagina dal libro di memorie con descrizione di abito di una cortigiana veneziana; – 1952, nascita del Made in Italy: una creazione di Simonetta, photo Doug Jones, in Look Magazine;

Tuttavia, ancora resiste fortemente un certo snobismo accademico e culturale – perfino inconsapevole – che vuole abiti, moda e tutto ciò che vi è connesso, sartoria inclusa, “materia da donne” e con ciò, di minor interesse rispetto ad altro. Ora è in atto un rinnovato approccio tra gli studiosi della moda per riconsiderare quando si possa veramente pensare che la “moda” sia nata.

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L’argomento include moltissimi aspetti importanti, tra i quali una riflessione sugli assunti sui quali si basa lo studio della moda fino ad oggi, ovvero che “la moda non esiste prima del Medioevo” e che “la moda non esiste al di fuori dell’Occidente europeo” ed entrambe le affermazioni sono oggi considerate fallaci (Welters L., Lillethun A., 2018).

A queste potremmo anche aggiungere che “la moda sia cosa da donne”, perché storicamente non solo il modo di vestirsi era considerato importantissimo anche dagli uomini, ma perché è solo negli ultimi duecento anni che, per motivazioni di ordine socio-economico, la moda è diventata di primario interesse soprattutto femminile, e comunque sostanzialmente nella parte del consumo, perché nella parte della produzione la presenza maschile è rimasta costante, se non è addirittura aumentata – basti pensare ai tanti nomi maschili o femminili di designer famosi.

In alto: Punti di cucitura delle vesti di Otzi. In basso: Punti di rammendo delle vesti di Otzi (3300a.C. ca, Bolzano, Museo Archeologico) [immagine tratta da: Fleckinger A., Steiner H., L’uomo venuto dal ghiaccio, Museo Archeologico dell’Alto Adige, Folio, Bolzano 2000]

In realtà, la sartoria è arte antichissima, addirittura precedente alla tessitura ed esprime molto più di quanto si pensi, come dimostrano, ad esempio, le vesti di Ötzi – la mummia del Similaun, databile tra il 3350 e il 3100 a.C. -, i cui abiti sono stati cuciti con grande attenzione e rivelano almeno due punti di cucitura differenti, di cui una serie regolare e precisa (oggi diremmo “professionale”) ed una serie di veri e propri rammendi (Fleckinger A., Steiner H., 2000, p.28).

Questo potrebbe significare che già oltre 5000 anni fa all’interno della comunità di Ötzi qualcuno cuciva regolarmente, sviluppando una concreta abilità, ed altri invece usavano il cucito nelle situazioni di emergenza. Ciò apre un interessante panorama sulla composizione sociale e sui compiti assegnati alle persone all’interno del gruppo del cacciatore alpino.

Per secoli – e fino ad oggi – non sono mancati uomini che si sono occupati della produzione di ogni comparto legato alla realizzazione degli abiti, dalla tessitura, alla confezione, fino al ricamo.

Molti tra i manufatti medievali e rinascimentali più belli realizzati a ricamo, ad esempio, sappiamo essere stati realizzati da team maschili, dove il disegnatore è sempre un artista di talento – come Antonio Pollaiolo, il Botticelli, Perin del Vaga, Francesco Botticini, Filippino Lippi, Raffaellino del Garbo, giusto per citare alcuni tra i più attivi in questo campo in epoca rinascimentale (Garzelli A., 1973) – e gli esecutori sono anch’essi spesso uomini, sebbene non manchino team tutti femminili.

Molti non sono neanche del tutto consapevoli che anche la sartoria si è evoluta, modificata, adattata nei secoli, e l’analisi dell’evoluzione degli strumenti e delle tecniche sartoriali è un esercizio molto interessante, ed anche piuttosto utile, per la comprensione della storia dell’abito, delle tecniche e del gusto, le cui modifiche hanno visto analoghe evoluzioni della società in seno alla quale esse sono apparse.

Dimensioni e struttura di un ago preistorico in osso comparato ad un ago moderno in acciaio

L’ago nella sua forma attuale, con una punta e la cruna, è testimoniato già in epoca preistorica (oltre 20.000 anni fa) ed è di per sé una invenzione straordinaria: per realizzare un ago, infatti, occorrono abilità diverse e necessità considerate importanti da una intera comunità. Dalla caccia dell’animale per ottenere ossa, tendini e pelli – che rispettivamente costituiscono gli antenati degli aghi moderni, dei fili e dei tessuti -, alle competenze per realizzare lesine d’osso così sottili ma resistenti da poter essere traforate per ospitare il filo, fino a far passare un filo attraverso un buco in una sola operazione per connettere due pelli, lavorate allo scopo.

Private del pelo o con, pelli e pellicce sono state adattate al corpo umano per sopravvivere in ambienti ostili, ed hanno consentito le migrazioni di intere popolazioni e la colonizzazione del mondo intero, assieme all’invenzione delle corde – che, in fin dei conti, sono un grosso filo – e al fuoco.

Le soluzioni tecniche per adattare un materiale morbido e flessibile ad un corpo tridimensionale e mobile quale è il corpo umano hanno conosciuto secoli di evoluzione, ma già nell’antichità erano sviluppate culture per le quali l’aspetto sartoriale aveva una notevole importanza: nel mondo cretese minoico, ad esempio, le forme delle vesti – giubbini, corpetti, perizoma – sono molto aderenti al corpo, e le gonne probabilmente impunturate per ottenere la tipica forma a campana di molte iconografie (come la famosa “Dea dei Serpenti”, 1600-1580 a.C. ca).

In tempi più recenti, l’introduzione del gherone è una evoluzione sartoriale fondamentale che in Europa compare attorno al VII-IX secolo ed è probabilmente stata introdotta da popoli dell’Est europeo. Il termine “gherone” deriva infatti dal tedesco medievale ghere (“lembo”) e dal termine longobardo gairo (“punta di giavellotto”) (Devoto G., ad vocem gherone), ed è proprio un pezzo di tessuto triangolare che amplia la forma delle tuniche medievali, consentendo una maggiore aderenza al torace ma una migliore mobilità delle gambe: è questo il momento in cui la nobiltà vira verso la cavalleria quale espressione di potenza, militare e sociale.

Il gherone consente un miglior controllo del quantitativo di tessuto da usare per realizzare un abito, e favorisce la posizione a cavallo rispetto alle tuniche precedenti. È uno strumento decisamente importante nell’evoluzione della sartoria in senso moderno, le sue vere applicazioni storiche e potenzialità non sono state ancora del tutto studiate. È certamente grazie ad un uso accorto del gherone (Paci Piccolo S., Baldassari F., 2019) che nel Medioevo si cominciano ad avere molte più forme strutturali delle vesti e l’approccio all’abito diventa più personalizzato, tanto che le vesti possono essere adattate a corpi molto diversi pur rimanendo aderenti: un percorso importante che troverà un primo compimento attorno al XVI secolo.

È tra il XII ed il XIV secolo che nascono nuove figure professionali legate all’abbigliamento, già molto specializzate – ed è questo un indice del fatto che questa situazione sia la conseguenza di un lungo processo e non un’invenzione repentina. È già attiva la produzione per terzi. Troviamo così i sartori (per le “vesti per di sopra”), i farsettai o zupari (che realizzano le vesti “per di sotto”), i calzaioli (calze, calze solate, copricapi morbidi), i calzolai (scarpe), i borsai e ovetari (borse, cuffie, veli e accessori minuti), cui si aggiungono i ricamatori e i lavoratori del metallo e del cuoio in genere (Tosi Brandi E-. 2018).

Immagine tratta da: Con gli occhi di Piero, a cura di M.G. Ciardi Dupré, G.C. Dauphiné Griffo (Marsilio, Venezia 1992)

Si sviluppano anche tecniche di cucito particolari e molto specializzate, come la cosiddetta incannucciata o lavorazione a canne, una complessa evoluzione del gherone del XV secolo (Con gli Occhi di Piero, 1992), che dona la caratteristica forma cilindrica al corpo di condottieri e gentildonne: verrà abbandonata lentamente nei decenni successivi per restare fino ad oggi in alcune lavorazioni tipiche dell’abbigliamento tradizionale popolare di alcune regioni.

Nei secoli seguenti, gli abiti saranno realizzati da una nutrita serie di specialisti: al sarto si aggiungono via via le cucitrici, i magliai, i guantai, i ricamatori, coloro che realizzano pizzi, nastri e merletti, le modiste e i calzolai.

Dal XVII secolo si sviluppano anche tecniche di sartoria ancor più specializzate, che richiedono nuovi strumenti o, meglio, l’uso innovativo di alcuni strumenti già conosciuti, come il ferro da stiro, ad esempio.

I tessuti e le forme non sono solo tagliati a misura, ma anche manipolati e lavorati per far sì che il corpo cui sono destinati possa conformarsi alla moda contemporanea (L’Abito per il Corpo, il Corpo per l’Abito, 1998). Inoltre, tutta una serie di punti di cucitura diventano ancor più raffinati e le cucitrici si specializzano in elaborati lavori di rifinitura, a metà tra il cucito e il ricamo: per intenderci, ricordiamo le magnifiche camicie ricamate del Cinquecento e del Seicento (Seventeenth-century Women’s Dress Patterns, 2011) che non sono solo decorate dal ricamo, ma anche elaborate nella loro struttura, con inserti di gheroni e tasselli, colli, polsini, piegature e increspature, con effetti ornamentali e funzionali molto consistenti.

Per concludere, la storia della sartoria è un campo affascinante e molto intrigante, che offre numerose possibilità di investigazione interdisciplinare ed aiuta a comprendere anche meglio il mondo attuale, nel quale molte di queste tecniche si sono perse, mentre altre sono state conservate e trasmesse all’interno delle mura domestiche e dei laboratori sartoriali (avete presente il Made in Italy?). E oggi vengono riscoperte con passione e maggiore consapevolezza.

Sara Paci Piccolo

Il sito web di Sara Paci Piccolo:
Storia del costume e della sartoria,
sartoria teatrale e storica, storia del cristianesimo


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Bibliografia:
Baldassari F., Paci Piccolo S., Le Virtù della Vanità, Il Trecento, Gilda Historiae, Sarzana 2019.
Con gli occhi di Piero, a cura di M.G. Ciardi Dupré, G.C. Dauphiné Griffo, Marsilio, Venezia 1992.
Devoto G., Dizionario Etimologico, CDE, Milano 1985.
Garzelli A., Il ricamo nella attività artistica di Pollaiolo, Botticelli, Bartolomeo di Giovanni, Edam, Firenze 1973.
Fleckinger A., Steiner H., L’uomo venuto dal ghiaccio, Museo Archeologico dell’Alto Adige, Folio, Bolzano 2000.
L’Abito per il Corpo, il Corpo per l’Abito, a cura di K.A. Piacenti, S. Di Marco, Artificio, Firenze 1998.
Piccolo Paci S., Per una storia della sartoria, in “Kermes”, 33, IX, sett/dic.1998, pp.63-75.
Seventeenth-century Women’s Dress Patterns, a cura di S. North, J. Tiramani, Victoria&Albert Museum, London 2011.
Tosi Brandi E., L’Arte del Sarto nel Medioevo, quando la moda diventa un mestiere, Il Mulino, Bologna 2017.
Welters l., Lillethun A., Fashion History, A Global View, Bloomsbury, London, New York, Oxford, New Dehli, Sydney 2018.

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