Quando Dante è un fumetto

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Alla difficoltà che incontra anche il lettore italiano nell’interpretare i concetti filosofici e teologici che reggono l’opera dantesca, si somma la scarsa familiarità nei paesi stranieri nei confronti di alcune particolarità della società e della storia medievale italiana.

Selva oscura, illustrazione di Francesco Archidiacono, Comicbook artist

Basti pensare a un termine come “Comune” che nel lettore italiano evoca istantaneamente un certo repertorio di immagini e significati ma all’estero risulta quasi intraducibile. Certo, tali ostacoli non hanno impedito a intellettuali e accademici stranieri di studiare Dante e la Commedia, riconoscendone l’enorme valore. Ma ne hanno tuttavia limitato la diffusione a fasce di pubblico più ampie.

Nonostante ciò, la Commedia ha avuto comunque modo di impiantarsi e radicarsi nell’immaginario collettivo, passando per altre strade. Questo grazie all’innegabile forza evocativa delle immagini codificate da Dante nei suoi versi, immagini il cui utilizzo è riscontrabile in tutti i prodotti dell’intrattenimento di massa, da film a serie tv, fino ai videogiochi e ai fumetti.

In particolare è interessante osservare come l’immaginario dantesco sia così forte da trovare spazio anche in opere destinate al grande pubblico di un paese come il Giappone, con tutte le differenze che passano tra la cultura nipponica e quella italiana. Sono diversi i manga (il nome giapponese dei fumetti) che assorbono e rielaborano elementi, situazioni e personaggi della Commedia.

Ad esempio, nel manga Saint Seya – in Italia celebre per la trasposizione animata i Cavalieri dello Zodiaco – i protagonisti, i Cavalieri dello Zodiaco, appunto, scendono all’Inferno per combattere la divinità Hades. Nonostante non abbia la caratteristica forma conica, l’Inferno in cui si muovono i personaggi ricalca fedelmente la sua controparte dantesca. Anche in questo Inferno troviamo, infatti, un Vestibolo, sul cui portale d’accesso è, ovviamente, inscritto “Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate”. Come in Dante, nel Vestibolo risiedono gli ignavi. Seguono il fiume Acheronte (traghettabile, ovviamente, solo con l’aiuto di Caronte), 7 livelli – qui chiamati “Prigioni” – in cui i dannati sono divisi in base ai loro peccati, le 10 bolge e, infine, il Cocito. Esattamente come nella Commedia, qui risiede Hades, che qui ricopre il ruolo di Lucifero, come testimoniano anche le sue 6 ali. L’iconografia delle 6 ali angeliche è comune a diversi personaggi di manga ispirati alla figura di Lucifero, anche se troviamo rappresentazioni medievali di Serafini con 6 ali antecedenti a Dante.

La copertina del volume 54 di One Piece, in cui sono rappresentati i carcerieri della prigione di Impel Down. È evidente l’ispirazione che l’autore dell’opera ha tratto dall’iconografia del diavolo occidentale

Un altro esempio di utilizzo e rielaborazione dell’immaginario dantesco è il manga One Piece (470 milioni di copie vendute nel mondo, di cui 390 in Giappone), scritto e disegnato da Eiichiro Oda. A differenza di quanto visto per Saint Seya, in questo caso non ci troviamo davanti a un Inferno letterale, ma figurato. La prigione sottomarina di Impel Down, in cui sono ambientati diversi capitoli del manga, ricalca e ribalta la struttura della voragine infernale. Come nell’Inferno di Dante, la prigione è divisa in gironi e, più gravi sono i reati commessi dal condannato, più in basso egli sarà collocato. Come nella Divina Commedia, inoltre, a ogni girone corrisponde una punizione diversa, inclusi un calderone di sangue bollente e una distesa di ghiaccio.
Infine, come l’Inferno di Saint Seya, anche Impel Down è governata da una figura le cui fattezze ricalcano i diavoli occidentali: il direttore Magellan, una imponente figura vestita di nero, con corna e volto caprino e ali da pipistrello sproporzionatamente piccole. Tuttavia, la struttura di Impel Down è piramidale, simile alla Montagna del Purgatorio.

Simili riferimenti, più o meno espliciti, sono presenti in numerosi altri manga e trasposizioni animate, come Full Metal Alchemist, Seven Mortal Sins, e, in particolare, Mao Dante e Devilman.
L’autore di queste due opere è Go Nagai, celebre per essere il creatore di Il Grande Mazinga. Nagai è particolarmente appassionato di Dante, che lui stesso ha indicato come sua fonte di ispirazione principale, tanto da aver realizzato un adattamento a fumetti della Commedia. Nonostante non sia l’opera più brillante dell’autore, è comunque affascinante leggere in questa riduzione quali passaggi vengano tagliati e a quali invece è dedicata maggiore attenzione. Ad esempio, l’episodio di Paolo e Francesca è evidentemente molto caro a Nagai. Gli dedica diverse pagine, mentre lo stesso non accade per un altro celebre passo, quello di Odisseo: l’eroe omerico viene relegato in una singola vignetta, senza diritto di parola.

L’opera di Nagai è comunque rappresentativa di due caratteristiche comuni alla maggior parte delle rappresentazioni, trasposizioni e citazioni della Divina Commedia: la predilezione per la prima cantica e l’enorme influenza esercitata dalle illustrazioni del pittore e incisore francese Gustave Dorè.
Per quanto riguarda la prima di tali caratteristiche, Go Nagai è un autore particolarmente legato ai generi dell’horror e dell’erotismo, dunque non sorprende il fatto che l’Inferno occupi due terzi del suo manga. Gli scenari infernali danno infatti all’autore l’occasione di illustrare scene di violenza estremamente truculente, mostri e creature mitologiche, senza mancare di indugiare sulla nudità dei dannati.

Si è detto come la seconda caratteristica che salta subito all’occhio al lettore è il debito che Nagai ha nei confronti delle illustrazioni di Dorè. Un debito che non si riduce alla semplice citazione: per Nagai i lavori di Dorè sono fondamentali, nella costruzione del suo manga, tanto quanto lo sono le terzine di Dante. Infatti, il disegnatore non si limita solamente a replicare gli effetti di tratteggio e chiaroscuro tipici delle incisioni, ma ricalca tutti i suoi personaggi sulle illustrazioni di Dorè, dedicando ampie pagine alle riproduzioni integrali.

Una delle splash page della Divina Commedia di Go Nagai, riproduzione fedele del Caronte illustrato da Gustave Dorè (immagine: mangaeden.com)

Il termine tecnico che indica una pagina di fumetto composta da un’unica illustrazione è splash page. Sono normalmente le pagine di maggiore impatto del fumetto ed è singolare veder comparire così le illustrazioni di Dorè, alternate a pagine in cui le tecniche dello storytelling e lo stile di disegno sono tipicamente giapponesi.
Queste riproduzioni sono frequentemente collocate vicino ad altre splash page, dedicate però a primissimi piani di mostri, demoni e dannati, colti in momenti di esaltazione o di intense emozioni. L’affiancare pagine dal forte impatto visivo e dedicate alla rappresentazione di scenari e azioni, come sono le illustrazioni di Dorè, ad altre pagine occupate totalmente da volti mostruosi e distorti e dedicate all’espressione di stati d’animo, dà un ritmo alla narrazione in grado di tenere desta l’attenzione del lettore.
Tale contrasto è ulteriormente acuito dall’evidente debito stilistico che le pagine di volti e facce hanno nei confronti delle stampe giapponesi raffiguranti oni (i demoni-orchi del folklore nipponico) e altri mostri. Una cifra stilistica fortemente legata all’arte orientale e, dunque, nettamente diversa da quella usata nel riprodurre le illustrazioni di un artista occidentale.

Che il corpus di illustrazioni di Dorè rappresenti una fonte di ispirazione imprescindibile per registi, disegnatori e scrittori è fuor di discussione. Tuttavia, sono le immagini da lui create per l’edizione francese della Divina Commedia del 1861 a risultare particolarmente pervasive nell’immaginario collettivo.

Limitatamente ai campi del fumetto e dell’illustrazione, echi di Dorè si fanno sentire nei lavori di alcuni dei più grandi maestri del fumetto e dell’illustrazione mondiali. Solo nel 2019 il fumettista e illustratore Gabriele dell’Otto ha dipinto le illustrazioni dell’Inferno per Mondadori, fortemente debitrici dell’impianto iconografico di Dorè. Non mancano inoltre i casi in cui, come accaduto con Go Nagai, le incisioni di Dorè vengano riprodotte o rielaborate in maniera esplicita.

Nel 1999 la Galleria Nuages di Milano – specializzata in opere d’arte, illustrazioni e fumetti – commissiona agli artisti Lorenzo Mattotti, Milton Glaser e Moebius le illustrazioni per le tre Cantiche.
Moebius, al secolo Jean Giraud, è stato ed è uno dei più influenti fumettisti di sempre. Nelle sue illustrazioni per il Paradiso, il grande disegnatore reimmagina le illustrazioni di Dorè e le adatta al suo stile onirico e visionario.
Un altro esempio di esplicito utilizzo del lavoro di Dorè lo ritroviamo nella miniserie satirica a fumetti Cerebus in Hell di Dave Sim (2016), dove il protagonista omonimo si muove attraverso le incisioni dell’illustratore francese.

L’incontro con Piccarda Donati nel terzo canto del Paradiso nella versione di Moebius, chiaramente ispirata all’illustrazione di Dorè

Tornando invece alla “popolarità” che l’Inferno ha rispetto a Purgatorio e Paradiso, essa vale anche per altre trasposizioni e opere derivate dalla Commedia. Che l’Inferno sia la cantica di maggior successo già tra gli studenti dei licei, è un fatto generalmente riconosciuto.
La predilezione per i temi e l’immaginario della Prima Cantica emerge chiaramente in tutti quelle opere che omaggiano o rielaborano Dante, nelle quali il tema del viaggio nell’Aldilà di solito diventa un viaggio attraverso il solo Inferno.

Si sono già visti, a riguardo, gli esempi dei manga Saint Seya e One Piece e del fumetto canadese Cerebus in Hell, ma sono numerosi i personaggi che hanno seguito i passi di Dante all’Inferno, da Topolino (L’Inferno di Topolino, di Guido Martina e Angelo Bioletto) all’equipaggio della USS Enterprise nei fumetti di Star Trek, editi da DC Comics. Persino Godzilla, nella miniserie Godzilla in Hell, ha varcato (e distrutto) la porta infernale descritta da Dante.

Ci sono ovvie motivazioni narrative dietro a queste scelte: il conflitto è uno dei motori delle storie ed è possibile trovarlo solo all’Inferno, dato che nel Purgatorio il lieto fine è imminente e già scritto, mentre il Paradiso è, per sua natura, il lieto fine per eccellenza.

Ma il voler ambientare storie all’Inferno, piuttosto che negli altri due regni danteschi, ha anche ragioni pratiche. Si può innanzitutto pensare a come il Paradiso offra degli evidenti ostacoli di regia e movimento sulla scena: mentre il cammino di Dante attraverso gli altri due regni ha una componente fisica, oltre che spirituale – il poeta scende lungo sentieri, attraversa fiumi e corsi d’acqua, passa per portali, città e vallate, scala una montagna, si cala lungo il corpo di Lucifero e deve ricorrere a Gerione per scendere a Malebolge – nel passaggio attraverso la Sfera del Fuoco Dante “trasumana”, abbandonando il mondo fisico e contingente. Il viaggio in Paradiso è astratto, le stesse anime che vi risiedono non sono immediatamente riconoscibili a Dante, essendo immerse nella luce. La natura immateriale e pura del Paradiso e chi vi si risiede si presta poco ad essere fermata e ingabbiata dalle fisse linee nere di china e inchiostro.

Si può obiettare come tali limiti siano facilmente aggirabili – dopotutto, di fumetti in cui si è fatto ricorso a stili espressionisti o astratti ne sono sempre esistiti, per non parlare delle nuove e infinite possibilità offerte dal disegno digitale. Inoltre, se ammettiamo che il limite pratico del dover rappresentare il Paradiso sia valido, non possiamo però prenderlo in considerazione per il Purgatorio.

Tuttavia c’è una caratteristica, condivisa dalle anime della seconda e della terza cantica, di difficile rappresentazione grafica: la beatitudine data dalla consapevolezza di queste anime circa la loro salvezza. Le punizioni dei dannati infernali sono senza dubbio rese più atroci dalla completa assenza di speranza nel futuro, ma tale disperazione è facilmente rappresentabile in scene dai toni horror e grotteschi. Come rappresentare graficamente, però, la speranza e il progressivo senso di leggerezza che muovono le anime su per il Purgatorio? E come rendere l’idea del senso di beatitudine che pervade i beati del Paradiso, la gioia che deriva dall’abbandonarsi alla volontà divina?

Dante può spiegare questi concetti attraverso la poesia ed è il lettore a riempire con la sua immaginazione ciò che è descritto nel testo, macchina pigra che vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare, come scriveva Umberto Eco in Lector in fabula.

Un disegnatore si trova invece nella difficile posizione di dover dare una forma a tali concetti e sensazioni: non sembra dunque un caso se pochi si sono cimentati nell’impresa.

Francesco Archidiacono

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