Pellegrini da assistere e tutelare

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Chi è il pellegrino? Perché compie dei viaggi lunghi? Quali sono le sue tutele nell’Alto Medioevo? Ogni persona è essenzialmente un viandante, e chi si incammina da solo scopre di essere “tutto se stesso”. L’uomo è da sempre pellegrino, il suo corpo e la sua anima tendono a raggiungere un’unica meta. Il suo viaggio è una ricerca, una missione, un itinerario che conduce verso un progresso. Si viaggia per avere l’opportunità di vivere esperienze che vanno dalla condivisione, agli incontri gratuiti e alla sfida con se stessi.

Il termine pellegrino deriva dalla parola latina peregrinus (da per ager, attraversare i campi o per egere, il passaggio della frontiera) ed è, per i romani, uno straniero o un viandante.

Pellegrini in viaggio, miniatura tratta dalle Cronache trecentesche di Giovanni Sercambi, Archivio di Stato, Lucca

Abbiamo pochissime notizie circa i pellegrinaggi nella tradizione cristiana antica. Nel IV secolo, quando Costantino concede la libertà di culto ai cristiani, vengono costruite chiese sui luoghi della passione di Cristo, attività che mette in risalto la devozione che i pellegrini hanno per questi luoghi e per le reliquie dei Santi. Il culto della reliquia, unione fra Dio e gli uomini, diventa, insieme all’esilio e al tema monastico, uno degli elementi caratteristici del pellegrinaggio. Ed è sempre in questo periodo – dopo gli interventi normativi di Costantino nel 313, e Teodosio, nel 380, il primo mirante a riconoscere la libertà del culto cristiano, e il secondo con lo scopo specifico di dichiarare il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero – che si crea una rete di comunità cristiane che, riprendendo le funzioni proprie della tradizione romana, si prefiggono lo scopo di assistere il flusso non solo dei pellegrini, ma anche dei poveri e dei malati.

Domenico di Bartolo, Cura degli ammalati, affreschi del Pellegrinaio di Santa Maria della Scala (1440-41), Ospedale Santa Maria della Scala, Siena

Queste comunità riprendono alcuni istituti di assistenza precedenti: l’istituto della diaconia, un luogo in cui si provvede alla registrazione e ridistribuzione di aiuto ai poveri; le matricule, liste di poveri che hanno diritto ad essere assistiti; e gli xenodochia, originariamente un ospizio per stranieri, che poi con il tempo diventa un luogo di assistenza per le persone in stato di necessità.

Per tutto il Medioevo, verso gli stranieri, viene sempre mantenuto un atteggiamento ambivalente. Da un lato si riscontrano degli atti protettivi, in concomitanza con l’insegnamento evangelico secondo il quale ogni uomo è pellegrino sulla terra, in attesa della via eterna; dall’altro, invece, la loro presenza viene percepita come un pericolo, perché lontana dalle relazioni solite con i parenti. È sempre difficile distinguere la presenza di pellegrini e vagabondi, ma è certo che in alcune occasioni loro ci vengono presentati come una folla.

Nelle fonti normative di Rachis (re dei Longobardi dal 744 al 749, e poi ancora dal 756 al 757) la parola peregrini indica espressamente i fedeli o i chierici che, nei loro itinerari, viaggiano verso Roma.
Le normative del sovrano longobardo dispongono attenti controlli verso questa gente; è, infatti, importante capire le loro intenzioni e, nel caso in cui si sia certi che viaggino senza malizia, bisogna lasciare loro un diploma da mostrare in seguito: […] et si cognoscat, quod simpliciter veniant, faciat iudex aut clusarius syngraphûs et mittat in cera et ponat sibi sigillum suum, ut ipsi postea ostendant ipsum signum missis nostris, quos nos ordaenaverimus.

Per poter viaggiare, il pellegrino, ha bisogno di informazioni chiare, di vere e proprie “guide” che lo aiutino a comprendere quello che vedrà. È necessario sapere dove soggiornare, quali distanze percorrere, i disagi da affrontare e i dovuti accorgimenti. Queste precauzioni portano alla nascita di una vera e proprio letteratura, come è testimoniato dall’Itinerarium a Burdigala Hierosolymam usque, compilato dall’anonimo Pellegrino di Bordeaux nel 333 e dalla Peregrinatio ad loca sancta, un testo del V secolo che ripercorre il cammino di una monaca, Egeria, mentre compie il suo cammino verso il Sinai, la Mesopotamia, la Calcedonia e Costantinopoli. In seguito troviamo i resoconti dei viaggi compiuti dagli stessi pellegrini, così come gli opuscoli informativi preparati dai direttori dei santuari.

La chiesa di San Romerio (Svizzera, Canton Grigioni, Brusio), hosptium del sec. XI per viandanti e pellegrini sulla strada tra Poschiavo e Tirano (foto: Carlo Meazza, www.carlomeazza.it)

Nonostante il pellegrinaggio sia molto incoraggiato nel Medioevo, questo viene comunque sconsigliato alle donne, pensando che la loro presenza possa snaturare l’essenza del viaggio.
Per questo, nel 751, il concilio di Fréjus vieta il pellegrinaggio alle donne, tuttavia durante l’Alto Medioevo non è raro vederle peregrinare lungo la strada. A sostegno della proibizione ci sono anche dei motivi pratici, come il pericolo di essere schiacciate e calpestate più facilmente dalla folla che si reca per venerare le reliquie.

In epoca carolingia, con Carlo Magno e Carlomanno (Pipino re d’Italia), i pellegrini ricevono alcune tutele, grazie alla stesura dei capitolari, atti giuridici dell’Impero carolingio, stesi per iscritto e suddivisi in articoli.
Nel 782 Pipino raccomanda di non uccidere coloro che in Dei servitio si recano verso i luoghi santi e, in particolare a Roma. L’omicidio del pellegrino comporta il pagamento di una somma di denaro, fissata per legge, alla famiglia del defunto, più altri 60 soldi destinati al fisco regio.

Molti sono poi, in questo periodo, i falsi pellegrini, che aspettano il momento migliore per aggredire e derubare i compagni di viaggio. Questi soggetti, nei capitolari, sono denominati extra ordinem, e sono i mendicanti e i vagabondi, messi al margine perché pericolosi.
Nel capitolare dell’803 di Carlo Magno si esprime la necessità di individuare l’origine di questi stranieri: De fugitivis ac peregrinis, ut distringantur, ut scire possimus qui sint aut unde venerint.

Il castello di Magione, hospitium dei pellegrini nel Medioevo

Per assicurare a queste persone un sicuro rifugio per la notte, le strade si riempiono di hospitia. Anche la natura di questi luoghi viene disciplinata dalle normative franche così, per prevenire situazioni di brogli su pesi e misure i carolingi si rivolgono al clero, regolare e canonico, affinché vengano istituiti degli hospitia per poveri e pellegrini, siano costruiti ponti e riparate le strade.
Gli hospitia devono essere tenuti in buono stato, provvedendo anche al loro restauro, qualora ce ne sia il bisogno; per i pellegrini è anche importante, oltre ad un tetto e ad un pasto caldo, che venga loro offerta un’accoglienza spirituale e parole di conforto.

In epoca moderna sono state riprese molte di queste disposizioni, e la creazione di un itinerario è diventata molto più facile, così come più approfondita è la cura verso questi viaggiatori.
Un esempio su tutti è la creazione della Carta del Pellegrino, un documento in grado di attestare la propria identità e le proprie intenzioni. Nel XXI secolo le comunità cristiane offrono anche dei vademecum per il credente, con preghiere ed esperienze condivise con altri viaggiatori, elaborati con il chiaro scopo di facilitare il cammino.

Oggi, anche la differenza tra pellegrini e comuni viandanti è notevolmente ridotta, e la si evince dallo scopo del viaggio e dalla disposizione interiore. Come scrive Roberto Lavarini: “Se il pellegrino guarda soprattutto il cielo e là fissa la sua meta ultima, il turista religioso sta con i piedi per terra e sbircia il cielo come luogo di nostalgia e memoria”.

Daniele Lamberti

Bibliografia essenziale:

Albini G., Poveri e povertà nel Medioevo, Roma 2016;
Lavarini R., Il pellegrinaggio cristiano, Genova 1997;
Leonardi C., Il pellegrinaggio nella cultura medievale, in Romei e Giubilei. Il pellegrinaggio medievale a San Pietro (350 – 1350), a cura di D’Onofrio M., Milano 1999, pp. 43 – 48;
Storti C., Stranieri ed “estranei” nelle legislazioni germaniche, in Le relazioni internazionali nell’Alto Medioevo, Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, LVIII, Spoleto 8 – 12 aprile 2010, Spoleto 2011, pp. 383 – 436;
www.camminidileuca.it

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