Matilde in Lucchesia

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Il 10 luglio 1105, a Pieve Fosciana (Garfagnana, Lucchesia), Matilde di Canossa sedeva in giudizio per deliberare sulla richiesta di Pietro, abate di Badia Pozzeveri, per una conferma dei suoi beni che erano stati di Ildebrando, figlio del fu Pagano da Corsena (attuale Bagni di Lucca), uno dei feudatari di Matilde nel territorio lucchese.

Protome con figura di donna in cui la tradizione popolare riconosce Matilde di Canossa (Lucca, cattedrale di S. Martino, inizi del sec. XIII)

Vengono elencati i nomi di luoghi che, nel loro insieme, disegnano una mappa.

Pagano da Corsena aveva il controllo di un ampio spazio che si estendeva lungo l’alta valle del Serchio e del suo affluente Lima, seguendo un percorso punteggiato di pievi, ospizi e ponti: infrastrutture stradali che rivelano la presenza di due importanti aree di strada facenti perno sul passo delle Radici e sul passo della Croce Arcana.

Questa distribuzione conferiva al feudatario di Matilde il pieno controllo del territorio delle due valli. Dalla parte della Val di Lima i suoi beni arrivavano fino al limite dei possedimenti dell’abbazia di Fanano, da cui dipendeva l’ospizio della Val di Lamola, posto sull’altro versante dell’Appenino, nella località di Ospitale.

Nell’alta Valle del Serchio i possedimenti di Pagano arrivavano a lambire il territorio di Pieve Fosciana, nel quale insiste la convergenza di due percorrenze: l’una era la via di Frassinoro, la cosiddetta via Bibulca; l’altra, proveniente dalla Lunigiana, era la via dell’ospedale di Tea, spesso presentata come diverticolo della strada percorsa dall’arcivescovo di Canterbury Sigerico. Pieve Fosciana risulta particolarmente interessante, perché da essa dipendeva l’ospedale di San Pellegrino in Alpe, posto sul valico del passo delle Radici.

Dove terminava la tutela di Frassinoro iniziavano i possedimenti di Pagano da Corsena in Garfagnana. Specularmente, dove terminava la tutela dell’abbazia di Fanano iniziavano i possedimenti del feudatario di Matilde nelle terre della Controneria. In entrambi i casi si trattava di zone di transito, la via Bibulca e la via Nonanantolana, strategiche per la politica transappennica dei Canossa.

La via Nonantolana e la via Bibulca si fondevano a Chifenti e lungo la valle del Serchio e arrivavano fino a Lucca, un luogo di particolare rilievo nella politica canossiana. In quella sede, infatti, continuava a regnare come vescovo Anselmo I da Baggio, divenuto papa nel 1061 col nome di Alessandro II, e impegnato nell’opera di riforma della Chiesa al fianco di Matilde.

Il ponte della Maddalena a Borgo a Mozzano, posto subito dopo la confluenza del Lima nel Serchio

Data la sua posizione, la città di Lucca era il principale sbocco al confine tra monte e pianura per chi percorreva la viabilità transappenninica, in un senso o nell’altro. Ciò diede luogo a una precoce ripresa della vita urbana nella città e della sua fortuna politica. Si trattava di aree di strada importanti, documentate anche dall’archeologia. I viaggiatori che percorrevano queste strade potevano essere mercanti o feudatari, militari o pellegrini. Questi ultimi erano attratti in particolare dalla statua reliquiario del Volto Santo che, secondo la leggenda elaborata dai canonici della cattedrale, aveva scelto Lucca come propria la sede. Il culto non è solo un potente magnete capace di attrarre viaggiatori di vario tipo, ma anche un’affermazione di potere e di autorità.

Il Medioevo fu un periodo tutt’altro che immobile. L’XI secolo, l’età di Matilde e dei Canossa, fu densa di accadimenti politici che non riguardarono solo gli aspetti stanziali della vita nella società occidentale, ma anche quelli del viaggio. Lucca, e piú in generale la Lucchesia, si configura in questo senso come un’area cruciale nel collegamento tra le percorrenze tirreniche e gli attraversamenti appenninici.

Lo testimonia l’abate islandese Nikulas de Munkathvera. Partito da Thingor, mentre si dirigeva a Gerusalemme, fece visita anche a Roma (1154 circa) e nel suo diario annota di Lucca questa descrizione:

A Luni convergono le strade provenienti dalla Spagna e Alla terra di San Iacopo. Da Luni c’è un giorno di viaggio per arrivare a Luka. Li c’è una sede vescovile dove si trova quel crocifisso che Nicodemo fece costruire per volere di Dio stesso; esso ha parlato due volte: una volta donò la sua scarpa un povero, un’altra volta testimoniò in favore di un uomo ingiustamente accusato. A sud di Lucca c’è quella città che si chiama Pisis (Pisa); là approdano con i loro dromoni mercanti provenienti dalla Grecia e dalla Sicilia, egiziani, siriani e africani. Poco piú a sud c’è un villaggio chiamato Arno Nero. Quindi c’è l’ospizio di Matilde (Altopascio) (…); lí chiunque viene accolto per la notte.

Ilaria Sabbatini

Bibliografia:
Maria Luisa Ceccarelli Lemut, I Canossa e la Toscana, in Matilde di Canossa, il papato, l’impero. Storia, arte, cultura alle origini del romanico, catalogo della mostra (Mantova, Casa del Mantegna, 31 agosto 2008–11 gennaio 2009), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, , 2008; pp. 226-235.
Claudio Giambastiani, I Bagni di Corsena e la Val di Lima lucchese dalle origini al XIII secolo, Istituto Storico Lucchese, Lucca 1996.
Ilaria Sabbatini, Aree di strada e valichi transappeninici nel territorio di Lucca all’epoca di Matilde di Canossa, in Matilde di Canossa. Tra realtà storica e mito, in Actum Luce, 2, XLV (2016); pp. 169-197.

Sitografia:
www.toscanamatildica.it

Una foto aerea di Lucca. Sullo sfondo, il territorio della Lucchesia
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