Baffoni fulvi spioventi. Chiome volpine. Elmo d’acciaio a cono, ornato da corna bovine. Lo sguardo perso tra le nebbie, a scovare la rotta su mari flagellati dalle bufere e irti di iceberg.
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In bilico tra Obelix (il suo cugino celtico impegnato con Asterix a far baruffa con i legionari di Cesare in Gallia) e la fortunata oleografia hollywoodiana, che ne ha fatto il cow-boy di un Far West di fiordi e di flutti ghiacciati, il vichingo meritava un’analisi storica più spassionata e completa.
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Vi ha provveduto, con fiocchi e controfiocchi, Rudolf Pörtner, nel suo L’epopea dei vichinghi. Forse nessuno, come il vichingo, è stato l’uomo del Medioevo.
Con la tellurica energia dei vulcani e dei geyser che esplodono nelle loro lande d’origine, i Vichinghi irruppero nella storia europea l’8 giugno 793.
Teatro della colata lavica, l’abbazia di Lindisfarne, isolotto presso la costa del Northumberland, dove i mansueti monaci celti, eredi di San Colombano, miniatori di evangeliari e catechizzatori dell’Inghilterra, raccoglievano il fieno nella pia illusione che i loro santi patroni, Cutberto l’anacoreta e Benedetto il laborioso, avrebbero sempre fatto del loro eremo un asilo inviolabile.
Ma le preghiere poco valsero contro le asce e le spade massicce dei predoni del Nord, sbarcati come demoni dalle navi che avevano il drago scolpito sulla ruota di prua e le fiancate coperte di scudi policromi.
Il massacro repentino, l’incendio e la rapina dei santi tesori generarono due mitologie contrapposte.
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La prima, alimentata dai cronachisti conventuali, ne fece dei lupi mannari, emissari di un Dio deciso a castigare il degrado morale della gente cristiana: non esseri umani, ma cataclismi spersonalizzati, pari alle carestie o ai terremoti, promemoria di fuoco e di sangue della fragilità peccaminosa.
La seconda, al contrario, proiettò i vichinghi nell’eden primordiale dell’eroicità tipizzata germanica, incunabolo di Sigfrido e di Walhalla, con l’infausto armamentario dei martelli di Thor, delle tenebrose magie di Thule, dei corsieri ottìpedi di Odino che, tra danze e cori marziali di Walkirie, scortano i guerrieri caduti in battaglia alle dimore della gloria.
Fasulla paccottiglia, scrive Pörtner, che con l’analisi puntigliosa delle fonti, l’apporto dell’archeologia e una fitta messe di dati traccia il quadro storico rigoroso. Il suo metodo è di esaminare la società vichinga dall’interno, senza filtri deformanti, rancorosi o nostalgici.
Ne balza a tutto tondo l’immagine di un uomo continentale, signore delle strade d’acqua e di terra che partendo dalle culle nordiche, Danimarca, Svezia e Norvegia, si irraggiano verso tutte le coste e i confini estremi, dall’Irlanda ai centri del dominio franco, dai boschi e dalle pianure fluviali dell’Europa orientale alla Spagna fino alla calda Bisanzio, dove i vichinghi si posero al servizio del fulgore dei Cesari.
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Ma il capitolo più straordinario dell’epopea (meglio sarebbe dire saga, dal vichingo sagamadhr, il clone dell’aedo ellenico, il narratore di professione che ri-raccontava nelle serate invernali le puntate della tradizione, radicate nella memoria) resta il balzo extra-continentale a Vinland, la Terra della Vite (Terranova, il Labrador, forse la costa statunitense presso Boston, secondo alcuni perfino il Minnesota, oltre i Grandi Laghi) conquistata dai trampolini di lancio dell’Islanda, Terra del Ghiaccio, e della Groenlandia, Terra Verde, mezzo millennio prima del tardivo sbarco di Colombo nel nuovo mondo.
Il tratto più impressionante del vichingo è la poliedricità. Meritevole dell’epiteto che Omero consacrò al sagace Ulisse, polytropos, “dal multiforme ingegno”, l’uomo del Nord, nato contadino in lotta con l’asprezza di vastitudini gelide e avare, è insieme artigiano e mercante, guerriero e pirata, colonizzatore e manager d’impresa, anche se il suo impulso interiore più indomabile è di partire, sulle onde, per esplorare e allargare all’infinito il raggio d’azione.
Politicamente, è un garbuglio fecondo. Leale alla sippe, la “stirpe”, il vichingo non rinuncia mai alla sua indipendenza. Si aggrega ai capi tribali, ma nella dura scorza contadina e marinara brilla la scintilla democratica, se tra i marosi, quando urge la decisione definitiva, il capitano del microcosmo mobile, la nave, drakkare, se è armata a battaglia e gonfia al vento vele oblique di porpora, knorr, se stiva merci, bestiame e famiglie, convoca l’equipaggio al piede dell’albero, e condivide la responsabilità dell’ordine.
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Molteplice, sulla fondamentale unità della nazione, il nome: vichinghi (dal latino vicus, “mercato”, wic in anglosassone, wik in franco, ma forse anche da wiking, il “corsaro” che espatria per preda e per ansia di nuove lontananze); normanni, “gente del Nord”; ascomanni, o “uomini dell’Esche”, il frassino dei loro fasciami; rus, per gli slavi, vale a dire “gente da remo”; madjus, “diavoli pagani” per gli arabi, che con i poeti viaggiatori Ibn Fadlan e Amin Razi non celarono l’ammirazione per uomini “rossi e alti come palme da dattero”.
Splendidamente contraddittoria la loro arte della parola: ossuta, fredda e monosillabica nelle saghe mnemoniche; intricata e barocca, come i ricami metallici delle lame damascate e i ghirigori runici, capolavori di design, nella babilonia poetica dell’Edda scaldica, dove la freccia è l’”ape feritrice”, l’oro è “la tana del drago”, il braccio è la “terra dei falchi”, perché regge il falcone da caccia, la nave è “l’uccello chigliato” o “l’alce del fiordo”, e la poesia stessa è “l’idromele di Odino”.
Ezio Savino
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Bibliografia:
AA.VV., Antiche saghe nordiche, Mondadori, 1997
Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici, Longanesi, 1991
Gianna Chiesa Isnardi, Storia e cultura della Scandinavia. Uomini e mondi del nord, Bompiani, 2015
Rudolf Portner, L’epopea dei Vichinghi, Garzanti, 1981
Frédéric Durand, I Vichinghi, Xenia, 1995
Johannes Bronsted, I Vichinghi, Einaudi, 2001
Donald F. Logan, Storia dei Vichinghi. Viaggi, guerre e cultura dei marinai dei ghiacci, Odoya, 2009
Jesse Byock, La stirpe di Odino. La civiltà vichinga in Islanda, Mondadori, 2012
Tom Shippey, Vita e morte dei grandi Vichinghi, Odoya, 2018
Katherine Holman, La conquista del nord. I Vichinghi nell’arcipelago britannico, Odoya, 2014
Bernard Marillier, Vichinghi. Storia, civiltà, spiritualità degli Uomini del Nord, Edizioni L’Età dell’Acquario, 2017
Régis Boyer, La vita quotidiana dei Vichinghi (800-1050), Rizzoli, 2017
Giorgio Dolfini, Snorri Sturloson, Edda – Adelphi, 1975