La supernova dell’anno 1006

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Enrico III indica la supernova del 1054Una supernova galattica, la più brillante nella storia umana, illuminò il cielo tra il 30 aprile e il 1° maggio del 1006.

Quell’estate “le persone furono in grado di leggere manoscritti anche a mezzanotte”. L’affermazione dell’astronomo Frank Winkler, del Middlebury College (università del Vermont) descrive con efficacia l’evento. La stella era così luminosa che fu visibile per parecchi mesi, anche in pieno giorno. La osservarono con stupore e preoccupazione da molti luoghi della terra, dalla Svizzera all’Italia, dall’Egitto all’Armenia, dall’Iraq alla Cina, fino al Giappone.

Come annotò Hepidanus, monaco dell’abbazia benedettina di S.Gallo (Svizzera nord-orientale) quell’immenso chiarore “accecava la vista” e destava “un certo allarme”. Anche perché niente del genere, a memoria d’uomo, si era visto prima. A Bologna un anonimo cronista si impressionò meno dei monaci elvetici e registrò in un manoscritto soltanto che “Una stella splendente brilla a lungo nel cielo”.

La descrizione più accurata del fenomeno celeste si deve al medico e astronomo egiziano Ali ibn Ridwan, vissuto tra il 988 e il 1060. Nel suo commentario al Tetrabiblos di Tolomeo parlò di un “cielo che splendeva” . Spiegò che quella nuova stella “si mostrava grande e di forma arrotondata” . Calcolò che fosse tre volte più grande del disco di Venere e raggiungesse una luminosità paragonabile al quarto di Luna”.

In un’altra cronaca del XIII secolo, vergata da Ibn al-Athir, si legge che “nell’anno 1006 è apparsa una nuova luna di oggetto simile a Venere nella costellazione australe del Lupo e i suoi raggi sulla Terra erano simili a quelli della Luna”. Bar Hebraus aggiunse che “la stella rimase visibile per 4 mesi per poi perdersi nel bagliore del Sole”.

Gli astronomi cinesi e giapponesi dissero che la Supernova era “come Marte, chiara e scintillante”. Lo Songshi, il libro che racconta la storia ufficiale della dinastia cinese Song, la descrisse come un oggetto grande quanto la metà del nostro satellite, così splendente da rendere completamente illuminato il suolo notturno. Dopo tre mesi, quell’enorme chiarore si affievolì per tornare poi a splendere per altri diciotto lunghi mesi. Così l’astrologo Zhou Keming, poté scrivere che per l’imperatore e per tutta la Cina era imminente “un periodo di grande prosperità”.

Oggi sappiamo che in un breve lasso di tempo una supernova emette tanta energia quanta è previsto che ne produca il Sole durante tutta la sua esistenza.
L’esplosione stellare di cui parlano le cronache medievali forse avvenne per una fusione tra due stelle nane. Dai residui rimasti ancora nello spazio, la Nasa ha calcolato che la nascita della grande stella avvenne circa 7000 anni prima che la sua luce raggiungesse la terra.

Una cosa del genere non si era mai vista prima. Ma soltanto 48 anni dopo, nel 1054, gli astronomi cinesi e giapponesi descrissero in modo minuzioso un altro straordinario avvenimento celeste: il 4 luglio nella costellazione del Toro apparve una nuova stella, tanto brillante da risultare, al massimo del suo splendore, visibile persino in pieno giorno. Gli astronomi orientali la chiamarono “stella ospite”. Infatti quel fulgore cominciò a declinare dopo alcune settimane. E il 17 aprile del 1056 non fu più visibile ad occhio nudo.

In occidente la stella fu segnalata a Costantinopoli, ma senza informazioni scientifiche sulla sua luminosità e riguardo la posizione celeste. Giovanni Lupato nel suo libro “SN 1054, una supernova sul Medioevo” (1997) ha spiegato che il manoscritto quattrocentesco “Cronache di Rampona” descrisse il fenomeno anche se sbagliò la data dell’avvenimento.

Al di là delle parole, rimane però una immagine, riportata in un manoscritto del 1450: raffigura Enrico III (1017-1056) imperatore del Sacro Romano Impero, mentre indica la luminosissima stella ai suoi dignitari di corte.

Di quella prodigiosa esplosione di energia oggi rimane solo un residuo filamentoso a forma tentacolare chiamato M 1 “Nebulosa del Granchio” situato a circa 6 mila anni luce di distanza dalla terra.

Federico Fioravanti