La nascita di Federico da Montefeltro

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La nascita di Federico da Montefeltro

Lo storico scozzese James Dennistoun (1803-1855) nella sua opera più famosa Memoirs of the Dukes of Urbino: 1440-1630, elencò almeno otto diverse ipotesi sulla nascita di Federico da Montefeltro. Alla luce degli studi più recenti, la settima tesi appare quella più probabile: Guido da Montefeltro non era il padre ma il nonno di Federico.

Il futuro signore di Urbino con tutta probabilità era infatti il figlio di Bernardino Ubaldini della Carda, signore di Apecchio e capitano generale delle truppe feltresche. Il capitano di ventura, soprannominato Il Magnifico per il suo coraggio in battaglia, il 9 ottobre 1420 aveva sposato Aura da Montefeltro (1405- 1475), figlia naturale di Guidantonio. Da questa unione, a distanza di poco più di un anno, nacquero due figli, entrambi a Gubbio: Federico (1422) e Ottaviano (1423).

Guidantonio da Montefeltro (1378-1443) all’epoca aveva già 44 anni. Sua moglie, Rengarda Malatesta, sposata 27 anni prima, non poteva avere bambini.

Ritratti di Federico da Montefeltro e Ottaviano Ubaldini, Bottega di Ambrogio Barocci, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino

La donna, che si prese comunque cura sia di Aura che di un’altra figlia illegittima di suo marito, spirò alla fine del mese di settembre del 1423. Il conte si risposò, appena quattro mesi dopo, con Caterina Colonna, una nipote di Martino V, il papa che ricompose lo Scisma d’Occidente.

Oddantonio da Montefeltro. Anonimo,1580 ca. Kunsthistorisches Museum, Vienna

Un matrimonio politico che legava in modo ancora più stretto i Montefeltro al papato. Ma alla fine del 1424 non c’era ancora nessun avviso di una gravidanza. Il casato rischiava l’estinzione. Memore della lunghissima e inutile attesa di un erede vissuta con Rengarda, l’ansioso Guidantonio decise allora di cautelarsi per dare un futuro certo alla sua dinastia. E inserì nella linea di successione il suo primo nipote maschio. Un figlio illegittimo che poteva però ereditare la signoria. Martino V venne subito in suo soccorso. Una bolla papale di legittimazione, del 20 dicembre 1424, certificò che Federico era nato fuori dal matrimonio ed era frutto dell’unione di Guidantonio con una ragazza nobile di Urbino. Ma anche il pontefice, pensando alla nipote Caterina, aveva preso le sue precauzioni. Il documento siglato da Martino V conteneva infatti una clausola capestro: se il conte avesse avuto in futuro un figlio legittimo, sarebbe stato questo nuovo erede maschio ad ereditare la signoria. E così avvenne, a distanza di pochi anni: il 18 gennaio 1427 dall’unione fra Guidantonio e Caterina Colonna nacque Oddantonio, primo duca di Urbino. E il piccolo Federico, che ormai costituiva un problema, venne allontanato dalla corte urbinate e dall’eredità dei Montefeltro: le riconquisterà entrambi solo molti anni dopo, subito dopo l’assassinio del fratellastro, perpetrato nella notte tra il 21 e 22 luglio 1444 all’interno del Palazzo Ducale di Urbino, a seguito di una congiura dei maggiorenti della città a cui forse il grande condottiero e mecenate non fu del tutto estraneo.

Gli storici hanno analizzato a lungo il dramma che dovette vivere un bambino sacrificato in tenerà età alla fredda ragione di stato. Scelto a due anni come erede. Cacciato da Urbino quando non ne aveva ancora cinque, appena Caterina Colonna, che aveva già perso il primo figlio Raffaello (1425) ebbe i segni di una seconda gravidanza, quella che il 18 gennaio 1427 portò alla nascita di Oddantonio. Federico non poteva certo essere rispedito a Gubbio o ad Apecchio, dalla madre Aura e dagli Ubaldini. Sarebbe stato come confessare a tutti il retroscena di un intrigo e di una adozione forzata.

Guidantonio, ancora una volta, perseguì una strategia di potere. Affidò il piccolo alle cure di Giovanna Alidosi, vedova di Bartolomeo Brancaleoni, signore della Massa Trabaria. Federico passò così la sua infanzia tra Sant’Angelo in Vado e Mercatello.

La vedova romagnola gli fece da mamma. E anche da suocera in pectore. Guidantonio e Giovanna Alidosi avevano infatti combinato il suo matrimonio con Gentile, l’unica figlia di Bartolomeo Brancaleoni, erede di un vasto complesso di poderi nella valle del Metauro. Federico rimase nella piccola signoria montana per otto anni. Poi entrò nel gran gioco della politica: prima a Venezia, consegnato da Guidantonio ad Andrea Dandolo come ostaggio in garanzia di una pace (1334) poi a Mantova, alla corte dei Gonzaga, dove nella “Casa Gioiosa” plasmò la sua personalità sotto gli insegnamenti dell’umanista Vittorino da Feltre.

Il 2 dicembre 1437 sposò Gentile Brancaleoni: lei aveva 21 anni, lui poco più di 15. Rimasero insieme per venti anni, fino alla morte di lei. Giovanna allevò tre suoi figli illegittimi: Gentile, Antonio e Buonconte. E seguì nell’ombra l’irresistibile ascesa di Federico, dal comando della Compagnia Feltria ereditata dal padre Bernardino Ubaldini della Carda alle guerre piccole e grandi in difesa dei fragili confini del ducato di Urbino.

Ai signori dell’Italia del XV secolo, la vera paternità di Federico di Montefeltro non appariva così misteriosa. Le prime voci furono forse diffuse proprio dalla matrigna Caterina Colonna, in difesa dell’eredità di Oddantonio. Poi ci pensò Sigismondo Malatesta, l’irriducibile nemico del signore di Urbino. Lo gridava al mondo, insieme al suo odio mortale: l’avversario di tante battaglie non era un Montefeltro ma un Ubaldini della Carda. Per la corte urbinate quell’accusa era una vera infamia, diffusa ad arte per delegittimare le rivendicazioni dinastiche di Federico, l’uomo straordinario capace di rendere tre volte più grande il suo stato grazie alla forza delle armi e della diplomazia.

A smentire la diceria diffusa nelle corti c’era un’altra verità, quella accettata per secoli: Federico nacque nei pressi di Gubbio, nell’isolato castello di Petroia da una relazione di Guidantonio con una «donna soluta», cioè non sposata. Individuata nella nobile urbinate Elisabetta Accomandugi, che al momento del parto, avrebbe scelto di isolarsi nelle sue proprietà eugubine per non dare un ulteriore pubblico dolore a Rengarda, la moglie legittima che non poteva avere figli e che ormai era prossima alla morte. Per molti storici la prova regina di questa ipotesi è il testo di un foglietto che una mano ignota aggiunse alla bolla papale che servì a legittimare Federico: «Matteo degli Accomandugi di Urbino, ebbe un unico figlio, chiamato Guido Paolo il quale, morendo, lasciò erede universale un’unica figlia, legittima e naturale, chiamata Elisabetta; dalla quale è nato il Conte Federico».

Nella biografia La vita di Federico da Montefeltro 1422-1482 (Argalia Editore, 1978) lo storico Walter Tommasoli, espone i risultati di una sua ricerca sulla famiglia Accomandugi dalla quale emerge che Elisabetta andò sì in sposa a un conte, ma della famiglia Bandi di Rimini. Ebbe anche un figlio, che chiamò Federico. Certo, nulla vieta che la nobile urbinate, prima del suo matrimonio, possa aver generato a Gubbio un altro bambino da Guidantonio di Montefeltro. E che, anni dopo, abbia voluto chiamare con lo stesso nome, Federico, anche il piccolo avuto dal conte Bandi di Rimini. Più probabile però che l’ignota mano che allegò il documento alla bolla papale sia stata vittima di un abbaglio e nel vedere scritto «comes Federicus» abbia pensato a quello che all’epoca era per tutti il conte per eccellenza, il famosissimo e potente duca di Urbino.

 

Federico da Montefeltro, particolare del Doppio ritratto del Duca di Urbino di Piero della Francesca, conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze

Vale poi l’autorevole parola di un altro papa, il grande Enea Silvio Piccolomini, che non aveva nessun interesse a diffondere falsità sulla vita di un alleato che stimava in modo profondo e al quale aveva tributato più volte pubblici onori. Anche perché Federico da Montefeltro lo aveva aiutato in modo determinante nel conflitto che oppose il papato a Sigismondo Pandolfo Malatesta. Pio II nel suo trattato geopolitico De Europa scrisse a chiare lettere: «Provenne dalla famiglia Ubaldini il duca Federico padre del duca Guidubaldo, che non era figlio naturale di Guidantonio da Montefeltro ma di Bernardino della Carda». (Archivio Vaticano, armadio 9, n.13, fogli 188-190).

Il pontefice senese poco dopo tornò in modo ancora più chiaro sull’argomento: «Trovandosi Guido senza figlioli maschi, perché lo stato rimanesse pur nel suo sangue, finse che una sua concubina si ingravidasse di lui ed essendo nato un figliolo a Bernardino della Carda, quello supposto per suo nominollo Federico e come tale lo fece allevare e nutrire». Vent’anni dopo, in una bolla firmata il 15 giugno 1478, un altro papa, Sisto IV, definì Ottaviano Ubaldini, conte di Mercatello, «frater Federici ducis Urbini». (Bollario, libro 8, foglio 96).

Battista Sforza, particolare del doppio ritratto di Piero della Francesca, conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze

L’orgoglio della casata della Carda emerge quasi con prepotenza a pagina 157 degli Annali di Casa Ubaldini in uno scritto vergato in occasione della nascita, non a caso a Gubbio, nel 1472, di Guidubaldo, figlio di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza, amatissima seconda moglie del signore di Urbino: «Nacque Guidubaldo Ubaldini in Gubbio li 29 gennaro, suo padre fu il duca Federico Ubaldini, figlio di Bernardino Ubaldini conte della Carda, e fu detto Montefeltro per l’eredità auta e la madre fu Batta (Battista) Sforza che morì in parto e non ebbe altri figli che Guidubaldo. Certo è che Guidubaldo fu denominato da Montefeltro ed è certissimo che fu degli Ubaldini figlio di Federico e nipote di Ottaviano signore di Mercatello e d’altri luoghi in Massa Vaccareccia, fratello minore di Federico e ambedue figli di Bernardino Ubaldini e di Aura di Montefeltro».

Battista Sforza, sfiancata da ben 8 gravidanze, mori a nemmeno 27 anni, il 7 luglio dello stesso anno, a causa di una polmonite contratta dopo un bagno freddo nelle acque di un torrente. Una folla enorme partecipò ai funerali che si tennero ad Urbino il 17 agosto 1472, alla presenza di decine di delegati dei maggiori stati italiani e stranieri. L’orazione funebre durò quattro ore. La pronunciò il vescovo Giovanni Antonio Campano, un coltissimo umanista seguace di Pomponio Leto. L’alto prelato riportò più tardi le sue accorate parole di conforto e di elogio in un’opera  stampata per espresso volere del signore di Urbino. E parlando a Federico si soffermò sul lutto che in quei giorni devastava anche Ottaviano Ubaldini della Carda: «Piange Ottaviano, tuo fratello germano, uomo di grandi virtù». Non solo un frater nel dolore. Ma un fratello «germano», figlio quindi dello stesso genitore. Quel Bernardino della Carda che cento anni dopo la sua morte i fiorentini, grati al «magnifico» guerriero, loro comandante in tante battaglie, celebravano ancora come un cittadino onorario. Lo fecero anche negli addobbi sontuosi e le scenografie che il 18 dicembre 1565 annunciarono al mondo le trionfali nozze tra Francesco de’ Medici e Giovanna d’Austria, l’evento politico che segnò l’ingresso della dinastia toscana nel novero delle grandi potenze d’Europa.

E anche nelle meravigliose feste volute da Cosimo I che seguirono all’evento e che durarono mesi. In un fastoso apparato che riportava l’immagine del capitano di ventura il pittore Giorgio Vasari, sotto la scritta «Bernardo Ubaldini della Carda», per meglio identificare il personaggio, privato dell’abituale ma forse poco nobile diminutivo, aggiunse: «Padre di Federico duca di Urbino».

Nessun segreto, dunque. Almeno per molti storiografi delle vicende eugubine e feltresche. Vincenzo Giobbi Fortebracci, ad esempio, nella sua Lettera istorico-genealogica della famiglia Fortebracci da Montone, scrive, tra l’altro (pag. 79): «Questo Federico fu figliolo di Bernardino Ubaldini signore della Carda». Una versione ribadita nella seconda metà del Seicento anche dall’abate Eugenio Gamurrini nella monumentale Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane, et umbre: «Bernardino sudetto generò Ottaviano conte di Mercatello che fu padre di Bernardino e Federigo duca d’Urbino che fu padre di Guidubaldo». Oderigi Lucarelli nella sua Guida storica di Gubbio, edita nel 1888, spiega al lettore: «Anche il conte Bernardino Ubaldini, celebre guerriero sui primi del quindicesimo secolo ebbe il suo abituale domicilio in Gubbio e dal suo matrimonio colla contessa Aura di Montefeltro nacque nella nostra città il 7 giugno 1422 quel gran Federico che divenne poi duca d’Urbino».

Un’altra prova evidente della discendenza del duca dai bellicosi signori della Carda emerge in un atto notarile, catalogato negli Annali di Casa Ubaldini. Ottaviano aveva lasciato molte delle sue proprietà al giovane Guidubaldo, figlio di Federico. Ma il duca di Urbino per legittimare l’eredità del feudo delle Carpini si dovette firmare «Guidubaldo Ubaldini da Montefeltro».

Un doppio cognome, due diverse casate. Un’onta da cancellare per una terza, grande famiglia, quella dei Della Rovere che nel 1508 ottenne il ducato, quando Guidubaldo, l’ultimo dei Montefeltro, adottò come suo successore il nipote Francesco Maria I Della Rovere, figlio di Giovanna, sua sorella, e di Giovanni Della Rovere, signore di Senigallia e parente stretto di papa Sisto IV. Tanto che Guidubaldo II Della Rovere (1514 – 1574) ordinò al suo segretario, il letterato Girolamo Muzio, di cancellare ogni possibile traccia nelle carte e nelle lettere dei legami fra gli Ubaldini e i Montefeltro.

Una damnatio memoriae consona alla solerzia di Muzio: proprio in quegli anni il cortigiano era impegnato a scovare e bruciare in tutti gli angoli del ducato ogni copia del Talmud, il sacro testo dell’ebraismo e a mettere all’indice anche le opere dello scandaloso Pietro Aretino.

Nella ricerca della verità storica fanno fede le fonti. Sappiamo con certezza che, almeno in pubblico, Federico da Montefeltro si considerò sempre figlio di Guidantonio.

Ma non smentì mai di discendere dagli Ubaldini. A distanza di secoli è allora interessante soffermarsi ancora sulle frasi rivelatorie contenute nei Commentari della vita et gesti dell’Illustrissimo Federico Duca di Urbino, la biografia scritta da Pierantonio Paltroni, il segretario, confidente e testimone oculare di tanti episodi della vita del signore di Urbino. Alcuni brani dell’opera, per espressa volontà di Federico, furono fatti circolare tra gli umanisti dell’epoca, ansiosi di celebrare la vita straordinaria del condottiero, mecenate e raffinato politico consegnato alla storia dell’arte da un celebre ritratto di profilo di Piero della Francesca come il simbolo stesso del Rinascimento.

Ritratto di Federico da Montefeltro con il figlio Guidubaldo, Pedro Berruguete, 1476 circa, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino

Stemma di Federico da Montefeltro conservato nel Palazzo Ducale di Gubbio

A proposito di Guidantonio, Paltroni scrisse: «Di sé lasciò un figliolo naturale chiamato conte Federigo el quale per multi si volse dire non esser suo figlio, ma nepote suo et figliolo de una sua figliola chiamata Aura, nobilissima et virtuosissima madonna, maritata al conte Berardino Ubaldini de la Carda el quale fu strenuissimo, grande et magnanimo capitano de gente d’arme (…). Quale fosse più vera opinione non è certo ma, come si sa, o figliolo del conte Guido o suo nepote ch’el fosse et figliolo de Berardino et de la casa de li Ubaldini, per omni modo è manifesto el decto conte Federigo essere nato de clarissima stirpe et generosissimo sangue perché la casa de li Ubaldini è similmente antiquissima et ha hauty assay nobili hominy et capitanii grandissimi».

Pio II, il papa umanista, osservatore curioso di ogni aspetto della vita del suo tempo, nei suoi Commentarii, stupefacente autobiografia condita in egual misura di saggezza e cinismo, molti anni prima aveva già riflettuto, con la consueta acutezza, intorno a uno dei tratti distintivi della trasmissione del potere nel tumultuoso Quattrocento: «Questo è infatti il costume degli Italiani: che i figli illegittimi governino tranquillamente gli Stati».

Federico Fioravanti

BIBLIOGRAFIA

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I Commentarii Rerum Memorabilium: Quae Temporibus Suis Contingerunt, D’Enea Silvio de’Piccolomini (Pio II) – A cura di Giuseppe Lesca, Nabu Press 2014.

Marcello Simonetta, L’enigma Montefeltro, Rizzoli 2008.

Leonello Bei e Stefano Cristini, La Doppia Anima, la vera storia di Ottaviano Ubaldini e Federico da Montefeltro, Quaderni di storia locale, volume 2- Associazione amici della Storia- Apecchio, 2000.

Leonello Bei e Stefano Cristini, Vita e gesta del Magnifico Bernardino Ubaldini della Carda, Quaderni di storia locale, volume 7- Associazione amici della Storia Apecchio, Edizioni Nuova Prhomos 2016.

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Denis Mack Smith, Federigo da Montefeltro, Quattroventi 2005.

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Robert de la Sizeranne, Federico di Montefeltro, capitano, principe, mecenate, Argalia Editore- Urbino 1979.

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James Dennistoun, Giorgio Nonni (a cura di), Memorie dei duchi di Urbino, Quattroventi, Urbino, 2010 (London, 1851).

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