La morte di Maometto II il Conquistatore

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Il 3 maggio 1481 morì Maometto II il Conquistatore (1432–1481), settimo sultano dell’impero ottomano. Era salito al trono a soli 13 anni. Ne aveva appena 21 quando conquistò Costantinopoli (1453) e mise agli undici secoli di storia della civiltà bizantina. Occupò il Peloponneso e soggiogò la Serbia. Si spinse fino a Otranto dove lo fermò l’esercito radunato da papa Sisto IV (1480).

Il famoso ritratto di Maometto II di Gentile Bellini conservato nel Victoria and Albert Museum di Londra

Per i Turchi, Mehmet II fu il Ghazi, il conquistatore per eccellenza.

Paragonò le sue azioni imperiali a quelle di Alessandro Magno. Si vedeva come un nuovo Cesare, capace di conquistare Roma (“La Mela Rossa”) e poi riunire, sotto un unico dominio, tutti i territori dell’antico Impero Romano.

Sognava di unificare sotto il suo comando le tre grandi religioni del Libro: Cristianità, Islam ed Ebraismo. Ma morte lo colse quando aveva appena attraversato il Bosforo per attaccare i Mamelucchi burji che regnavano sulle terre degli attuali Egitto, Siria e Arabia Saudita.

Era già gravemente malato. Ma molti storici accreditano l’ipotesi che sia stato il Bayazid II, suo successore, ad avvelenarlo. Alla sua morte, esplose una guerra civile tra gli eredi al trono, i suoi due figli: Cem, spalleggiato dalla Corte e dal Gran Visir e Bayazid, sostenuto dai Giannizzeri. La spuntò quest’ultimo, che fu sultano dell’impero fino alla sua morte (1512). E che, come il padre, morì avvelenato dal figlio e successore Selim (1465-1520) che pensò bene di sterminare anche tutti i suoi fratelli.

Bayazid II, come suo padre, protesse i poeti e amò la cultura: aveva studiato matematica, teologia e filosofia e parlava l’arabo e il persiano.

La tomba di Maometto II il Conquistatore, la Moschea del Fatih, che lo stesso sultano fece edificare a İstanbul sul sito della chiesa dei Santi Apostoli, è tuttora oggetto di grande venerazione.

Il sultano Maometto II ritratto da Paolo Veronese (Palazzo Topkapı, İstanbul)

Il suo mito ha attraversato i secoli.

Mehmet II, in molte occasioni spietato anche con i suoi sudditi, scampò a ben 14 attentati. Fu insieme colto e crudele. Ma anche tollerante: lasciò in funzione la Chiesa bizantina e ordinò al suo Patriarca di tradurre in turco i testi cristiani.

Terrorizzò l’Occidente. Eppure ne subì il fascino artistico e letterario. La sua libreria superava quelle italiane dei Medici e degli Sforza, e includeva la Geografia Tolemaica, l’Iliade di Omero, e altri preziosi testi in greco, arabo ed ebraico.

Costruì un grandissimo impero, che poi però svanì, come le altre cose del mondo. Una caducità di cui era consapevole. Tanto da recitare, in quel fatale 29 maggio 1453 , giorno della conquista di Costantinopoli, quando varcò le soglie del grande palazzo imperiale, i dolenti versi persiani giunti fino a noi grazie al suo grande e raffinato biografo Tursun Beg:

Il ragno monta la guardia nei portici della cupola di Khusraw. La civetta suona il silenzio nel Palazzo di Afrasiyab. Così va il mondo, destinato ad aver fine.

Virginia Valente