“La gloria di colui che tutto move
per l’universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.
Nel ciel che più de la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di là sù discende;
perché appressando sé al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire”.
I primi versi del Paradiso ammaliano ancora i lettori in tutte le lingue del mondo. La Divina Commedia fu il primo libro stampato in lingua italiana.
La prima edizione vide la luce a Foligno, in trecento copie, il 5 ed il 6 aprile 1472 grazie al tedesco Johannes Numeister e al folignate Evangelista Mei. L’aggettivo “divina” fu usato per la prima volta da Giovanni Boccaccio nel “Trattatello in laude di Dante” del 1373.
La dizione “Divina Commedia”, divenne comune solo dalla metà del Cinquecento in poi, quando Ludovico Dolce, nella sua edizione veneziana del 1555, stampata da Gabriele Giolito de’ Ferrari, riprese il titolo di Boccaccio.