Il simbolo @ è arrivato lemme lemme fino a noi da secoli che qualcuno ancora si ostina a ricordare come “oscuri”. La chiocciolina che usiamo ogni giorno nella posta elettronica, appare in un codice miniato del Trecento scritto in bulgaro che è conservato nella Biblioteca Vaticana insieme a un altro milione e mezzo di rari e preziosissimi libri.
Nell’antico testo la @ è la prima lettera della parola amen. Spunta in una pagina della “Σύνοψις ἰστορική”, una cronaca universale in 6733 versi politici scritta da Costantino Manasse, nella quale l’intellettuale bizantino volle raccontare la storia del mondo, dagli inizi fino alla morte dell’imperatore d’oriente Niceforo III Botaniate (1002 -1081).
Massimo Arcangeli, docente di Linguistica all’Università di Cagliari e direttore dell’Osservatorio della lingua italiana Zanichelli, ha ricostruito le vicende del famosissimo segno grafico @ nel libro “Biografia di una chiocciola”, edito da Castelvecchi. E ha anche rintracciato la storia italiana della chiocciola in un documento conservato nell’Archivio di Stato di Cagliari: la @ arrivò nel Bel Paese grazie a Giovanni II di Aragona, che nel 1415 diventò il viceré di Sicilia e Sardegna.
Anche il grande Leonardo Da Vinci in un alcuni dei suoi misteriosi scritti inserì una “a” maiuscola all’interno di una “o”. Era un indovinello destinato ai giochi della corte milanese di Ludovico Il Moro. La soluzione del rebus era la parola “anello”.
Ma le origini del simbolo sono ancora più antiche.
Nel 1932, il paleografo statunitense Berthold Louis Ullman pubblicò un libro in cui spiegava che la @ risaliva al VI secolo e che era nata dalla fusione di due lettere: gli amanuensi medievali iniziarono a “legare” la lettera “a” e la lettera “d” per evitare le ripetizioni nello scrivere di continuo in lingua latina “ad”, il complemento di moto a luogo che indicava il posto verso cui si andava o verso cui si entrava.
La scoperta di un’altra traccia fondamentale del simbolo @ si deve a uno studio pubblicato nel 2000 da Giorgio Stabile, storico della Scienza dell’Università “La Sapienza” di Roma. La sua ricerca partì da una raccolta di documenti mercantili italiani di proprietà dell’Istituto internazionale di storia economica “Francesco Datini” di Prato, curata da Federigo Melis.
Stabile scoprì che la @ era usata dai mercanti italiani, soprattutto veneziani: rappresentava l’abbreviazione commerciale dell’anfora, unità di peso e capacità dalle origini molto antiche. Indicava una unità di misura corrispondente a circa un quarto di quintale.
Nel tardo Medioevo, quella specie di “a” stilizzata diventò una sorta di convenzione linguistica tra i commercianti veneziani, arabi, spagnoli, greci e latini. Un modo facile per capirsi velocemente: una spirale, simile a un minuscolo labirinto grafico per indicare il prezzo unitario di una merce.
Il professor Stabile, a questo proposito, cita un vocabolario spagnolo-latino di Antonio de Nebrija, edito a Salamanca nel 1492, in cui il termine “anfora” viene tradotto con “arroba”. La stessa parola con cui, ancora oggi, la nostra chiocciolina viene in tutti i paesi di lingua spagnola.
Jorge Romance, giornalista e storico medievale, ha ricordato le molte tracce di una misura chiamata arroba nei registri doganali del Regno di Aragona.
La @ emerge con chiarezza anche in un documento di registrazione di una partita di grano di provenienza castigliana, trascritto in un registro del 1448 che si trova presso l’Archivio provinciale di Saragozza.
Il percorso della @ è stato quindi molto simile ad una sua parente stretta, la & che si chiama “e commerciale” proprio perché usata nelle lettere, nei documenti d’affari e anche nelle insegne dei negozi, per evitare di ripetere sempre la “e”, (“et”) quando si dovevano indicare i tanti soci di una azienda.
Più tardi, la chiocciolina diventò una “a” commerciale sulle tastiere delle macchine da scrivere. Fino a che il simbolo della ragioneria non fu adottato dalla telematica.
In lingua inglese la @ viene anche chiamata “commercial at” con il significato di “at a price of” (“ad un prezzo di”) abbreviato per convenienza nel più veloce “at” (che si pronuncia èt).
Un modo pratico per chiamare la chiocciolina, con la quale ormai in tutto il mondo associamo in modo automatico la multimedialità, l’e-commerce e la rivoluzione che internet ha prodotto nelle nostre abitudini.
Un simbolo della ragioneria. Chiamato con nomi curiosi e diversi nelle varie parti del mondo. Arcangeli li ha raccolti con brio nel suo gustosissimo libro. Epiteti strani ma affettuosi che ci fanno capire quanto ormai siamo legati a questo simbolo.
Per noi italiani la la @ è una “chiocciola”. Ma in Russia si chiama “cagnolino”, in Cina “topolino”, in Israele “strudel”, in Giappone “vortice” e in Grecia “paperottolo”. Per i tedeschi è una “coda di scimmia”. Nella Repubblica Ceka è un “filetto d’aringa”, in Svezia una “pasta alla cannella” e in Corsica una “cipolla”.
Anche i tanti popoli di origine anglosassone al tecnico “at” spesso preferiscono altri soprannomi: snail (“chiocchiola”); ape (“scimmia”); cat (“gatto”); rose (“rosa”) o whirlpool (“mulinello”).
Per i bulgari invece la @ è un “orecchio”. I kazaki, più poetici, preferiscono parlare di “orecchio della luna”.
Uno stravagante storico dell’arte inglese ha suggerito di attribuire alla famosa chiocciola il nome di “orecchio di Van Gogh”, mozzato a metà ad Arles nel 1888 per mano dello stesso pittore con un rasoio, dopo una lite con Gauguin. Van Gogh incartò la sua cartilagine sanguinante e la consegnò a una prostituta alla quale si era molto affezionato.
In effetti, per ironia della sorte, nella strabiliante storia della “chiocciola” un rasoio ha avuto comunque un ruolo determinante. In un giorno del 1973 Leonard Kleinrock, il professore di informatica di Ucla che il 29 ottobre 1969, aveva dato vita a Arpanet, la rete progenitrice di Internet, quando tornò a casa dopo un giro di conferenze, si accorse di aver perso l’utilissimo oggetto con cui si radeva ogni giorno. Lo aveva lasciato nell’ultimo posto in cui era stato, a Brighton in Inghilterra. Allora andò nel suo ufficio, dove il computer centrale era in collegamento con quello della città britannica, e mandò un messaggio nel quale chiedeva se qualcuno potesse aiutarlo a ritrovare il rasoio dimenticato.
Fu la prima email di senso compiuto. Ma non la prima in assoluto.
Il primato appartiene al programmatore statunitense Raymond Tomlinson e risale al 1971. Anche se il prototipo della email, non conteneva un messaggio preciso. Il geniale ricercatore cercava sulla tastiera del suo computer un segno distintivo che non potesse essere confuso con nessun altro. Quasi per esclusione, scelse la @, “at sign” in inglese e “chiocciolina” in italiano: nell’indirizzo di posta elettronica venne così introdotto il simbolo che separava il nome dell’utente da quello dell’account, seguito da un punto e dal dominio.
Tomlinson scrisse una serie di messaggi a se stesso, da una macchina all’altra. Ha più volte dichiarato di aver completamente dimenticato il contenuto dei testi: “Forse ho scritto qualcosa del tipo QWERTYIOP…”.
Da sinistra a destra, sono le prime dieci lettere che appaiono sulla tastiera. La posta elettronica è nata così, grazie anche a una piccola chiocciola medievale.
Federico Fioravanti