Il Natale del Sacro Romano Impero

da

Chroniques de France ou de Saint Denis

Illustrazione databile al XIV secolo, tratta da “Chroniques de France ou de Saint Denis”: raffigura Carlo Magno nell’atto di ricevere la corona imperiale da Papa Leone III il 25 dicembre dell’anno 800.

La mattina del 25 dicembre dell’anno 800, Carlo Magno fu incoronato imperatore a Roma da papa Leone III, nella basilica costantiniana di San Pietro. Quel lontano Natale nacque, in modo ufficiale, il Sacro Romano Impero. L’antico nome sancì la forza di un potere nuovo: quello del carismatico re dei Franchi che, di fatto, già controllava tutti i territori della cristianità occidentale.

Con la forza delle armi il sovrano aveva sconfitto i Longobardi, conquistato la Sassonia e la Baviera, annientato gli Avari pagani e assalita la Spagna ancora controllata dagli arabi infedeli.
Da “patrizio dei romani” era diventato “protettore della Cristianità”. E ormai regnava da Barcellona alle steppe ungheresi, dal Mare del Nord fino a Benevento. All’alba del IX secolo, i piccoli principi dell’Inghilterra e della penisola iberica e i deboli vassalli di Bisanzio, apparivano per quello che erano: minuscole e ininfluenti pedine dello scacchiere europeo, di fronte a un nuovo, grande potere che la Chiesa riconobbe come sacro, perché non era “unito solo dalla spada, ma anche dalla fede cristiana” (Alessandro Barbero, “Carlo Magno”. Editori Laterza).

Il papa consacrò questo nuovo impero cristiano posando sulla fronte del figlio di Pipino il Breve la corona imperiale, secondo l’uso praticato a Bisanzio: quello della “acclamatio”. E accompagnò il gesto solenne con parole ripetute e scandite tre volte dalla folla che riempiva la basilica alla luce tenue e suggestiva di più di mille candele: “A Carlo, piissimo, augusto, incoronato da Dio, grande e pacifico imperatore, vita e vittoria”.

Il pontefice poi si inginocchiò, in segno di rispetto, seguendo il cerimoniale bizantino della “proskynesis”. Il re dei Franchi, per l’occasione, aveva abbandonato il suo barbaro e usuale abbigliamento (brache, mantello di pelliccia e stivali annodati a stringhe) e si era avvicinato all’altare vestito come un antico romano, con la tunica bianca e i sandali.

Quel giorno di Natale dell’anno 800 la Storia cambiò verso: l’antico impero romano rimase solo quello d’Oriente.
La Chiesa scelse di legare per sempre il suo destino all’Occidente. Il nuovo centro di gravità del potere politico si spostò da Roma ad Aquisgrana, dal Mediterraneo all’Europa del nord.
L’impero orientale, allora rappresentato da Irene, l’unica donna mai salita sul trono di Bisanzio, assistette impotente all’ascesa del barbaro diventato imperatore. Il pontefice Leone III, nella basilica romana aveva sostituito l’autorità dell’imperatrice regnante, che si era data da sola il titolo di “Autocrate dei Romani”, con quella di Carlo Magno, paladino della fede cristiana.
Per il papa, la legge salica parlava chiaro: “De terra nulla in muliere hereditas est”. Se la donna non aveva diritto alla eredità delle terre, non poteva certo aspirare a un impero.

La basilissa

La basilissa Irene, particolare di un mosaico della basilica di Santa Sofia a Istanbul

Ma Irene, declassata dall’Occidente a “Imperatrice dei Greci”, considerò l’incoronazione del 25 dicembre 800 un atto di usurpazione, “una specie di rivolta delle province occidentali contro la vera sede dell’Impero” (Gianni Granzotto, “Carlo Magno”. Mondadori).
Quel pontefice aveva osato “separare da Roma la sua figlia più bella”. Il primo impulso della sovrana bizantina fu quello di scatenare una guerra: pensò di muovere la flotta in Sicilia contro “il re dei Franchi e dei Longobardi”.

Ma presto la rabbia si stemperò nel realismo dell’analisi politica: Bisanzio, assediata alle frontiere orientali dagli Arabi e dagli Slavi, aveva altre gatte da pelare. Così la pragmatica regina, che aveva fatto avvelenare il marito e accecato e ucciso il figlio per poter governare da sola, accarezzò l’idea di un matrimonio con Carlo Magno, che nel frattempo era rimasto vedovo.
L’immenso impero che era stato separato poteva ancora essere riunificato. L’imperatore Carlo, ammaliato con doni e missive, fece capire di non opporsi all’idea. Le rispettive diplomazie si misero al lavoro. Nei primissimi anni del nuovo secolo, tra Bisanzio e Aquisgrana i messi e gli ambasciatori si incrociarono più volte con discrezione per definire un accordo.
Il monaco Teofane, nella sua “Cronografia”, scritta pochi anni dopo dagli eventi narrati, parlò della missione di Gheso, vescovo di Amiens che nella primavera dell’anno 802 si recò a Bisanzio per discutere il patto nuziale, accompagnato da Helmgaud, il fedelissimo conte palatino di Carlo Magno. Ma dopo pochi giorni Irene fu deposta da una rivolta di palazzo e relegata in un convento nell’isola di Lesbo dove finì i suoi giorni. Al trono salì Niceforo I e i rapporti tra Bisanzio e Aquisgrana tornarono tesissimi.

Ma dieci anni dopo, il 13 gennaio 812, i due imperi fecero la pace. Carlo restituì l’Italia meridionale all’impero bizantino e rinunciò a Venezia e all’Illiria. E l’imperatore di Bisanzio accettò il nuovo stato di cose. L’impero di Carlo Magno modificò per sempre l’equilibrio di poteri che per secoli aveva segnato le vicende del Mediterraneo. Lo storico Henry Pirenne (“Maometto e Carlomagno” . Editori Laterza) spiegò così la portata storica dell’avvenimento: “Se esso potette realizzarsi, la ragione fu che da una parte la separazione tra Oriente ed Occidente aveva circoscritto l’autorità del papa all’Europa occidentale, e che d’altra parte la conquista della Spagna e dell’Africa per opera dell’Islam aveva fatto del re di Francia il padrone dell’Occidente cristiano. È dunque rigorosamente vero dire che senza Maometto Carlomagno è inconcepibile”.

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Raffaello, Incoronazione di Carlo Magno, Musei Vaticani

Alcuni storici hanno visto nella vicenda dell’incoronazione quasi un colpo di stato da parte di Carlo Magno. Sicuramente gli eventi della notte di Natale furono organizzati nei minimi dettagli dal papa, dall’imperatore e dai nobili franchi. E il percorso che portò all’incoronazione seguì un cammino coerente.
Carlo che visse nel nord Europa quasi tutta la sua vita, scese in Italia appena quattro volte. La prima nel gennaio dell’anno 773, quando fu chiamato dal papa Adriano I e vinse i Longobardi. In quella occasione beneficò la Santa Sede, confermando e estendendo la donazione che già suo padre aveva fatto al papato con l’aggiunta dei ducati di Spoleto e di Benevento e dei territori del Veneto e dell’Istria.

Da allora Roma iniziò a gravitare intorno all’orbita del suo potere. E Carlo esibì pubblicamente il suo nuovo titolo: “Re dei Franchi e dei Longobardi e patrizio dei Romani”.
Il protettore del papa, secondo Pirenne ed altri autorevoli storici, però si trasformò presto in un padrone che non aveva nessuna intenzione di lasciare l’Italia al pontefice romano. La seconda volta che arrivò a Roma, nei giorni della Pasqua del 780, come re dei Longobardi, impedì al successore di Pietro di estendere la sua autorità sul ducato di Spoleto di cui accettò in prima persona la sudditanza. E poiché aveva fidanzato sua figlia Rortruda con il giovane imperatore d’Oriente, non appoggiò il papa contro Bisanzio. La terza volta il sovrano dei Franchi e dei Longobardi scese al sud per domare la rivolta di Arichi, duca di Benevento.

Il pio Carlo protesse il pontefice ma non si sottomise, come suo padre Pipino, all’autorità di Roma. E dopo la morte di papa Adriano I, nella lettera che inviò al successore Leone III, volle subito tracciare i confini tra potere spirituale e potere temporale. Da patrizio di Roma diventò “protettore della Cristianità”. Volle anche intervenire in materia dottrinale: prima di diventare imperatore, durante il Concilio di Nicea, combatté gli iconoclasti bizantini e spinse il papato a autorizzare la creazione e la diffusione delle immagini sacre, compresa quelle di Dio. La quarta discesa di Carlo in Italia coincise con la sua incoronazione. Leone III, il papa che venne dopo Adriano I, era di umili origini. Aveva una lunga esperienza di curia e si occupava del vestiario del pontefice. I suoi denigratori per questo lo chiamavano “monsignor guardaroba”.

Il clero romano lo elesse per contrastare i nobili casati che erano vicini al suo predecessore. Il primo gesto del nuovo papa fu quello di inviare a Carlo Magno le chiavi di san Pietro e il gonfalone di Roma.
Ma i nobili romani non si rassegnarono alla sua elezione. Due potenti nipoti di Adriano I, Pascale (primicerio e quindi capo dei notai pontifici) e Campolo, sacellario (addetto al Tesoro) della Santa Sede, ordirono una congiura per uccidere Leone durante una processione nel centro di Roma. Il papa fu disarcionato dalla sua cavalcatura e picchiato a sangue. Si salvò a stento e riparò a Spoleto, protetto dal duca longobardo Vinichi. Da lì implorò l’aiuto di Carlo Magno, mentre i suoi nemici lo accusavano di “fornicazione e spergiuro” e ne chiedevano la deposizione.

Il re mandò suo figlio Pipino, re d’Italia a prenderlo in consegna per condurlo a Paderbon, la residenza estiva della corte. Il papa, sfigurato dalle cicatrici e sfinito dalla lunghezza del viaggio, si abbandonò al pianto sulla spalla del grande sovrano. Mentre Carlo esaminava le accuse contro di lui, Leone III fu curato e confortato. Alla metà del 799 un esercito di diecimila soldati lo riaccompagnò a Roma, in attesa di un processo che si annunciava come memorabile. Alcuino di York, influente consigliere del Carlo Magno, si schierò per l’assoluzione del papa, facendo presente che ormai con le figure del pontefice e dell’imperatore di Bisanzio mutilate delle loro funzioni, l’ordine cristiano del mondo dipendeva solamente dal re dei Franchi. E così quando Carlo giunse a Roma, il 23 dicembre dell’anno 800, papa Leone III dichiarò la propria innocenza in una umiliante cerimonia pubblica. I suoi accusatori, condannati a morte, furono graziati dal pontefice ma rinchiusi in convento.

carlomagnoAppena due giorni dopo, la mattina di Natale, il papa pose la corona imperiale sulla testa di Carlo. Il gesto ebbe un enorme peso politico anche nei secoli a venire: sanciva, in modo simbolico, la superiorità dell’autorità papale su qualsiasi altra. Oltretutto l’imperatore non veniva acclamato e quindi scelto dai Franchi ma dal clero romano. Le cronache di Eginardo, biografo dell’imperatore, ci dicono che Carlo fu colto di sorpresa e che non voleva essere incoronato in quel modo. Difficile che sia andata così, visti gli avvenimenti dei giorni e degli anni precedenti. Quel che è certo è che il rituale della cerimonia, almeno a posteriori, scontentò Carlo Magno. Tredici anni dopo, quando il grande sovrano volle che il figlio Ludovico il Pio fosse incoronato imperatore, fu lui stesso a consegnare la corona, senza il papa di mezzo.

Il Sacro Romano Impero fin dall’inizio poggiò quindi su un equivoco: se doveva essere la continuazione o il ripristino, sotto altre forme, dell’impero romano, il vero sovrano, anche del pontefice, era senz’altro l’imperatore. Ma se la sua dignità arrivava dal papa, allora era il pontefice che si candidava a controllore dell’impero.
Da qui nacquero infiniti problemi per il potere supremo della società cristiana.

Il sacro Romano Impero, nato nel giorno di Natale dell’anno 800, finì mille anni dopo. Si dissolse il 6 agosto 1806, quando Napoleone dichiarò di non riconoscerne più l’esistenza. Di conseguenza, Francesco II d’Asburgo, depose per sempre l’antica corona e diventò Francesco I “imperatore d’Austria”.

Quanto a Bonaparte, pensò bene di incoronarsi imperatore da solo. E nella solenne cerimonia che si svolse il 2 dicembre 1805 nella cattedrale parigina di Notre Dame, papa Pio VII recitò la semplice parte di un comprimario.
Napoleone aveva già fatto la prova generale il 26 maggio dello stesso anno nel duomo di Milano: quando mise sulla sua testa la corona ferrea con cui venivano incoronati i sovrani longobardi, chiarì il suo pensiero con la fatidica frase: “”Dio me l’ha data e guai a chi me la tocca!”.

Federico Fioravanti

Da leggere:

Alessandro Barbero Carlo Magno – Un padre dell’Europa Laterza 2006.

Henry Pirenne Maometto e Carlomagno Laterza 2007.

Heinrich Fichtenau L’Impero carolingio Laterza 2000.

Matthias Becher Carlo Magno Il Mulino, 2000.

Giovanni Delle Donne Carlo Magno e il suo tempo, Tutto il racconto della vita del più famoso sovrano medievale e della realtà quotidiana del suo impero, Simoncelli Editore, 2001.

Franco Cardini Carlomagno, un padre della patria europea Bompiani, 2002.

Dieter Hägermann Carlo Magno. Il signore dell’Occidente Einaudi 2004.

Wilson Derek Carlomagno, barbaro e imperatore Bruno Mondadori 2010.

Georges Minois Carlo Magno. Primo europeo o ultimo romano Salerno 2012.

Stefan Weinfurter Carlo Magno. Il santo barbaro Il Mulino 2015.

Giosuè Musca Carlo Magno e Harun al-Rashid Dedalo Edizioni, 1996.

Gianni Granzotto Carlo Magno Mondadori 1998.

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