Di Guglielmo il Maresciallo, ricordato come “il miglior cavaliere del mondo”, conosciamo con certezza solo la data della morte: 14 maggio 1219. Di quella della nascita sappiamo poco.
Del resto, ai suoi tempi contava poco il giorno in cui si veniva al mondo. Era una data molto meno importante di altri passaggi della vita.
Guglielmo era di origini modeste. Figlio della piccola aristocrazia inglese, nacque intorno al 1145 da Giovanni e Sibilla di Salisbury. Era il quarto figlio nella linea ereditaria. Non gli spettavano quindi né terre né titoli. Come per tutti i cadetti la sua strada era quella del miles o dell’uomo di Chiesa. Scelse il mestiere delle armi e apprese i rudimenti della cavalleria alla corte normanna del signore di Tancarville.
La sua fama di grande combattente gli permise, in poco tempo, di accumulare grandi ricchezze. Come spiegò il grande storico Georges Duby nel suo fondamentale libro “Guglielmo il Maresciallo” (Laterza, 2004) il grande cavaliere salì la scala sociale grazie ai tornei, alle battaglie e agli “omaggi” alle casate più illustri. Senza trascurare oculate strategie matrimoniali.
Praticò le quattro virtù fondamentali per il successo: il coraggio, la lealtà, la cortesia e la prodigalità. Nel 1168 scortò la regina Eleonora d’Aquitania nella vittoriosa spedizione che annientò una rivolta scoppiata nel Poitou. Fu così valoroso in battaglia che la regina lo cooptò nella casata regia, dove servì prima Enrico II Plantageneto e poi suo figlio Riccardo I Cuor di Leone, che nel 1189 lo premiò per i suoi servigi e gli concesse la mano dell’ereditiera Isabella di Clare.
Guglielmo diventò così conte di Pembroke e signore di vasti possedimenti che andavano dalla Normandia al Galles fino a un quarto del territorio dell’Irlanda. L’uomo senza terre e dall’incerto futuro era ormai il più ricco proprietario terriero del regno.
La sua lealtà alla causa dei Plantageneti fece sì che nel 1216 il re Giovanni Senza Terra sul suo letto di morte gli affidasse la reggenza del regno d’Inghilterra per conto del figlio Enrico III che all’epoca aveva appena 9 anni. In nome del suo piccolo re, Gugliemo sconfisse, appena un anno dopo dopo a Lincoln l’esercito del re di Francia Luigi VIII che si era alleato con i baroni inglesi ribelli. Lo scontro segnò la rinuncia definitiva del sovrano di Francia al trono inglese. Guglielmo non si accanì contro i vinti e scortò le truppe nemiche al porto d’imbarco.
Quel 1217 fu l’anno della sua apoteosi: il povero cadetto, tutore del re bambino e reggente del trono d’Inghilterra era diventato uno degli uomini più potenti della sua epoca: mentore di Enrico il Giovane, cavaliere del padre Enrico II e vassallo del re d’Inghilterra e anche del re di Francia per i vasti feudi che sua moglie Isabella possedeva in Normandia.
Quando Guglielmo morì, suo figlio fece comporre a Giovanni il Trovatore un poema di più di 19.000 versi in lingua anglonormanna. L’Histoire de Guillame le Maréchal. L’opera, scritta nel francese d’oil parlato a corte, è una preziosa testimonianza sulla società feudale, fondata sui valori della virtus dell’uomo d’armi e sulla caritas e la fidelitas verso il suo signore.
“La chanson del Trovatore – ha scritto George Duby – ci consegna qualcosa di infinitamente prezioso: la memoria cavalleresca quasi allo stato puro; senza questa testimonianza non ne sapremmo quasi nulla”.
In punto di morte Guglielmo il Maresciallo volle essere vestito con i panni del cavaliere templare, come estremo atto di fedeltà verso l’ordine al quale aveva chiesto di essere ammesso prima di esalare l’ultimo respiro. Fu sepolto a Londra, nella chiesa del Tempio.
Virginia Valente
Bibliografia essenziale:
Georges Duby, Guglielmo il Maresciallo. L’avventura del cavaliere, Laterza, 2004.
March Bloch, La società feudale, Einaudi, 1999.
Franco Cardini, Alle origini della cavalleria medievale, Il Mulino, 2014.
Franco Cardini, Il guerriero e il cavaliere in Jacques Le Goff, L’uomo medievale, Laterza, Bari, 2008.
Philippe Contamine, La guerra nel Medioevo, Il Mulino, 2005.
Jean Flori, Cavalieri e cavalleria nel Medioevo, Einaudi, 1999.
Aldo A. Settia, Rapine, assedi, battaglie. La guerra nel Medioevo, Laterza, 2004.