Cara moglie ti scrivo

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Un marito affettuoso e amorevole. La tenerezza di un uomo attempato che si preoccupa per le sorti della giovane consorte, tanto da arrivare persino a suggerirle un futuro insieme a un nuovo marito, quando lui non ci sarà più.

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Le Ménagier de Paris contiene istruzioni anche sulla vita sessuale della coppia

Il ritratto emerge dalle pagine de Le Ménagier de Paris, scritto tra il 1392 e il 1394 da un colto parigino per lasciare alla moglie quindicenne istruzioni per il futuro. Sembra che la ragazza venisse dalla provincia e fosse poco edotta su molti argomenti. Lei stessa avrebbe chiesto al marito di darle dei consigli, forse un po’ intimorita dalla vita nella grande città e desiderosa di apprendere gli usi e i costumi della metropoli.

Così l’uomo si premura di informarla sugli abiti consoni per una signora, che dovranno essere “senza troppi o troppo pochi ornamenti” e le raccomanda di uscire sempre ben pettinata: mai con “la testa orribilmente arruffata come quella di un leone”.

Sul contegno da tenere a passeggio, le suggerisce modi casti e studiati, che non diano adito a maldicenze: “Quando ti rechi in città o in chiesa, […] cammina a testa alta e con gli occhi bassi, senza mai batter le palpebre; guarda diritto davanti a te a una distanza di circa quattro pertiche, senza guardare né uomini né donne, né a destra né a sinistra né in alto, non lanciare occhiate di qua e di là, e non fermarti mai a parlare con qualcuno per la strada”. Dalle indicazioni, fin troppo dettagliate, traspare un pizzico di innocua gelosia, che l’anziano consorte vuole dissimulare spacciandola per una raccomandazione alla futura vedova.

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Una moglie amorevole cerca di alleviare stanchezza e sofferenze del coniuge

Il testo affronta anche temi personali, come l’atteggiamento da tenere nell’intimità di coppia: “Se avrai un marito dopo di me”, le scrive, “abbi cura grandissima della sua persona e ti raccomando dagli sempre biancheria pulita perché questo è compito tuo. E dato che la cura degli affari fuori di casa compete agli uomini, per questo un marito deve preoccuparsene, andare e venire, viaggiare di qua e di là, con la pioggia e con il vento, con la neve e con la grandine, ora bagnato, ora asciutto, ora sudato, ora tremante di freddo, mal nutrito, male alloggiato, mal riscaldato e senza buoni letti, e nulla lo abbatte perché è sostenuto dalla speranza di trovare la moglie al suo ritorno che si prenda cura di lui e delle sue comodità, delle gioie e dei piaceri che ella gli darà; di togliersi le scarpe davanti a un buon fuoco, di lavarsi i piedi e di cambiarsi le scarpe e le calze, di avere buone cose da mangiare e da bere, di essere ben servito e ben curato, di dormire bene fra bianche lenzuola e col berretto da notte, ben coperto e con buone pellicce. Certo queste premure ispirano all’uomo l’amore e il desiderio di tornare a casa e di rivedere la sua buona moglie, e di star lontano dalle altre donne. E perciò ti consiglio di festeggiare così tuo marito ogni volta che arriva e che riparte e di non stancartene mai, e anche di non litigare con lui e ricordare il proverbio campagnolo che dice: ci sono tre cose che portano un padre di famiglia lontano da casa, cioè un tetto in rovina, un camino che fa fumo e una moglie brontolona”.

Ma Le Ménagier de Paris non si limita a istruzioni di comportamento e a lezioni per la buona convivenza sociale e familiare. Comprende consigli culinari e un gran numero di ricette descritte in dettaglio, tanto da essere considerato il più importante testo di cucina francese di tutto il Medioevo. Ed è anche un vero e proprio trattato domestico, un vademecum per i lavori di casa che offre un interessante spaccato di vita quotidiana, con rilevanza tanto storica quanto sociale.

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La bottega di un macellaio del XIV secolo

La sezione gastronomica contiene preziose notizie sul commercio della carne a Parigi. All’epoca in città c’erano decine di macellai (19 solo nella zona delle Porte-de-Paris), che vendevano ogni settimana un totale di 3080 pecore, 514 buoi, 306 vitelli e 600 maiali. E nelle cucine del re Carlo VI si cucinavano ogni settimana 120 pecore, 16 buoi, 16 vitelli, 12 maiali, 600 polli e 400 piccioni.

Tra i dettagli pratici, si trovano indicazioni su come rimestare una zuppa di piselli o fagioli per evitare che si attacchi alla pentola e come aggiungere sale e grasso a una minestra senza che fuoriesca dalla pentola durante il bollore.

Questi consigli di cottura rimandano a considerazioni sui metodi di riscaldamento dell’epoca. L’invenzione del camino, ad esempio, è del XIII secolo e dal Trecento compare con più frequenza nelle case delle famiglie agiate, dove in genere viene costruito direttamente sotto il tetto. La cucina quindi, si trova in alto nelle abitazioni dei benestanti, in cima a una fila di scale da salire con carichi di legna da ardere, acqua e alimenti. Non molto comodo, certo, ma la cappa del camino, fatta di legno e facilmente infiammabile, vicino al tetto incanala meglio il fumo ed è più sicura.

Molte pagine sono dedicate anche alla scelta dei cibi, da fare secondo la stagione: “Per sapere se un coniglio è carnoso devi tastare il muscolo dietro al collo. Ricorda che il momento migliore per le alici è marzo. Le carpe vanno cotte bene altrimenti è pericoloso mangiarle” e “devono avere le squame bianche e non giallastre o rosse, altrimenti non provengono da acque pulite. La carpa più carnosa è quella che ha occhi grandi che fuoriescono dalla testa. E nota che se vuoi portarti dietro una carpa viva per tutto il giorno, avvolgila in un panno bagnato e tienila in una borsa o in un secchio con la pancia verso l’alto, senza farle prendere aria”.

Le platesse invece, “devono essere tenere al tatto, mentre per il rombo vale il contrario. Per ingrassare un’oca non devi darle né farina bianca né la crusca, ma un insieme delle due, aggiunto a una identica quantità di avena: mescola il tutto con acqua e in 15 giorni l’oca sarà ben ingrassata”.

E ancora, “Per dare al pollo e al cappone il sapore di selvaggina, devi ucciderli tagliando loro la gola e poi infilarli subito in un secchio pieno d’acqua molto fredda; così resteranno anche freschi per un paio di giorni come se fossero stati appena macellati. Puoi distinguere le anatre selvatiche più giovani da quelle più vecchie, anche se hanno le stesse dimensioni, dalle loro penne, che sono più tenere negli animali più giovani rispetto a quelli più vecchi. Inoltre, puoi distinguere un’anatra selvatica da una di allevamento perché la prima ha le zampe rosse, mentre l’altra le ha gialle”.

Dopo 24 menù completi per pranzi e cene, decine di ricette e interi paragrafi su tutti gli utensili da cucina necessari e tutte le stoviglie da mettere in tavola secondo gli ospiti da ricevere, seguono istruzioni per i servi e i valletti da affittare per un ricevimento importante, compresi quelli “addetti a togliere il pane dalla tavola”, quelli “adibiti a versare l’acqua” e “almeno due valletti destinati a prendere le stoviglie dall’armadio e portarle agli ospiti”. E naturalmente va preso anche un cuoco, che costerà “quattro franchi e mezzo e i suoi aiutanti complessivamente un franco. Totale, 5 franchi e mezzo”.

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La camera del podestà (1305-13011), affresco di Memmo di Filippuccio, San Gimignano

Poi, oltre a consigli di giardinaggio, cura e rammendo degli abiti, trucchi per smacchiare i vestiti e indicazioni per la conservazione dei mobili, c’è un intero capitoletto dedicato ai metodi per liberarsi dalle pulci. Che rende chiara l’entità del flagello che attanagliava le nottate dell’uomo del Trecento, povero o facoltoso che fosse:

“D’estate abbi cura che non vi siano pulci nella tua camera o nel tuo letto. Ci puoi riuscire in sei modi, a quanto mi risulta. Infatti ho sentito dire che spargendo per la camera foglie di ontano, le pulci vi restano prese.
Poi ho sentito dire che, preparando qualche fetta di pane coperta di vischio per gli uccelli o di terebinto – un arbusto mediterraneo caratterizzato da piccoli fiori in pannocchia e frutti che contengono semi oleosi – e mettendola sul pavimento, di notte, con una candela accesa piantata in mezzo a ogni fetta, le pulci vengono e ci restano invischiate.
Un altro modo che ho scoperto e che è vero: prendi una coperta ruvida e stendila nella tua stanza e sul tuo letto e tutte le pulci ci salteranno sopra e vi resteranno prese. Lo stesso puoi fare usando pelli di pecora, poi ho anche visto stendere delle coperte sulla paglia e sul letto, e quando le pulci nere saltavano sopra esse, erano immediatamente individuate sullo sfondo bianco e uccise.
Ma il modo migliore è guardarsi da quelle che si annidano nelle coperte, nelle pellicce e nella stoffa dei vestiti. Perché sappi che io l’ho provato e quando le coperte, le pellicce o i vestiti in cui vi sono pulci sono piegati, pigiati e chiusi in una cassa strettamente legata con cinghie o in un sacco ben legato e compresso, o altrimenti pressati in modo che le pulci non abbiano luce né aria e restino imprigionate, immediatamente esse periscono”.

Tanti altri particolari rivelano interessanti notizie su beni e attività importanti nella gestione della vita domestica. Le candele, ad esempio, dovevano essere spente con grande cura, per evitare incendi e sprechi: “Procura che ognuno dei servi abbia un candeliere vicino al letto, su cui mettere la sua candela, e che gli sia stato insegnato bene a spegnerla con la bocca o con la mano prima di entrare nel letto e non con la camicia”.

Le Ménagier de Paris è utile anche per sfatare alcuni luoghi comuni sul Medioevo, come quello della magia. Se ne trova cenno in un paragrafo dedicato alla cura dei cavalli. Per la buona salute degli animali, il marito lascia alla moglie una ricetta magica: “Prendi una crosta di pane e scrivi ciò che segue: bestera, bestie, nay, brigonay, dictera, sagragan, es, domina, fiat, fiat, fiat”. E il fatto che un uomo colto e tanto benestante da possedere cavalli ricorra a formule rituali, indica come, in generale, le pratiche magiche nel Trecento non presupponessero fini deviati o corrotti, ma fossero piuttosto un patrimonio di tutti gli strati della società, come accade oggi con la scaramanzia. Probabilmente mentre scriveva, il colto parigino avrà sorriso e si sarà detto qualcosa di simile all’odierno: “Non è vero, ma ci credo”.

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Giochi e intrattenimenti per passare il tempo in compagnia

Il trattato conta all’incirca 300 pagine, ma purtroppo non è completo. Nelle intenzioni dell’autore doveva contenere ancora una parte dedicata ai divertimenti, agli enigmi, ai giochi di parole e ogni altra cosa utile per intrattenere gli ospiti.

Pubblicato per la prima volta nel 1846 dal barone Girolamo Pichon, che se ne occupò per conto della Società dei bibliofili francesi, probabilmente è stato scritto sull’onda del movimento letterario promosso dal predecessore di Carlo VI, Carlo V detto il Saggio, che fondò la Biblioteca Reale (la futura Biblioteca Nazionale di Francia) e incoraggiò i sudditi alla stesura di trattati sui temi più vari, tecnici e non. Fu dietro sua richiesta, ad esempio, che lo chef reale Guillaume Tirel scrisse Le Viandier Taillevent.

Guillaume Tirel è il primo cuoco francese di professione di cui si conservi memoria. Era soprannominato Taillevent per il gran naso che sembrava tagliare il vento o, secondo altre versioni, per il finissimo olfatto di cui era dotato. Fu Sergente d’arme sotto Carlo V e nel 1381 venne nominato Maestro di cucina, in considerazione dell’onesto e soddisfacente servizio reso. La sua arte ci è stata tramandata grazie al manoscritto Le Viandier Taillevent, redatto in forma poetica intorno al 1380. Ma questa è un’altra storia.

Daniela Querci

Per il testo completo de Le Ménagier de Paris:
http://www.gutenberg.org/ebooks/44070

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