Procolo, santo, killer e zombie

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Il San Procolo di Michelangelo scolpito nell'arca della della-Basilica di San Domenico a Bologna

Il San Procolo di Michelangelo scolpito nell’arca della Basilica di San Domenico a Bologna

Non era esattamente un pacifista, San Procolo da Bologna. La sua breve storia sintetizza alla perfezione il conflitto interno al Cristianesimo, e a tutte le religioni monoteiste, tra l’amore universale e il conseguente rifiuto di ogni forma di violenza e l’uso della stessa a difesa della propria fede.

Nell’anno 295, mentre a Tebessa, nei pressi di Cartagine, San Massimiliano considera incompatibile l’adesione al Cristianesimo con l’uso delle armi, e per questo rifiuta di arruolarsi come militare subendo il martirio (diventò il patrono degli obiettori di coscienza), a Bologna Procolo, che è nobile e soldato, preferisce piuttosto mettere l’arte della guerra a servizio della religione.

Sette anni dopo, nel 303, il prefetto di Bologna Marino avvia una persecuzione contro i cristiani seguendo gli ordini degli imperatori Diocleziano e Massimiano Erculeo “del tutto disposti – scrive lo storico secentesco Francesco Angeloni – ad estinguere i seguaci di Cristo con un’atroce e universale persecuzione di dieci anni”.

San Procolo raffigurato nel Duomo di Milano

San Procolo raffigurato nel Duomo di Milano

In poco tempo le piazze, le strade e “i più ragguardevoli palazzi” della città si tingono del sangue di molti cittadini che hanno scelto di seguire la nuova religione, “avendo quel crudele inventati i più atroci tormenti per maggiormente affliggere i fedeli, persuaso d’innalzare con la strage e perdita di quelli, non meno i falsi dei che la immaginata gloria di lui, e in tale spavento trovossi quel popolo, che non v’era oggimai, chi ardisse di apertamente confessare Cristo”.

Procolo, però, in cui la “fortezza gareggiava egalmente con la pietà”, vedendo uccisi tanti ottimi cittadini cultori della religione cristiana e altri “in pericolo di essere manomessi da quello inumanissimo uomo”, prende una decisione drastica. Si introduce di notte nell’appartamento privato del prefetto e arrivato alla camera dove dorme si avventa su Marino facendolo letteralmente a pezzi con una scure. Poi fugge in periferia e qui si raccoglie in preghiera aspettando di conoscere la volontà divina.

Tradito da un ebreo che vive a Gallicantole, Procolo viene arrestato, confessa subito il delitto e si dichiara pronto a morire per la fede.
Non è per la fede però, in realtà, che viene giustiziato, ma per un atroce omicidio. Secondo la tradizione, mentre viene decapitato raccomanda se stesso e la città di Bologna a Dio.

Ma non è la sua ultima azione: dopo essere stato decapitato, una volta che gli aguzzini se ne sono andati, Procolo si alza in piedi, prende con le mani la propria testa e camminando fino dentro alla città arriva al tempio di San Sisto: solo qui muore e viene sepolto.

La facciata della chiesa di San Procolo a Bologna

La facciata della chiesa di San Procolo a Bologna

La chiesa bolognese cambierà nome in San Procolo ma quando nel 1389 viene effettuata la ricognizione del corpo, nell’arca che custodisce il martire vengono trovati i resti di due uomini. Per questo si andrà diffondendo il culto di un altro Procolo, vescovo di origine siriana, anch’egli decapitato a Bologna dopo aver passato gran parte della sua vita in Umbria.

Il Martirologio Geronimiano e il Martirologio Romano, che ne fissano la festa al 1 giugno, parlano tuttavia di un martire che “per la verità cristiana fu trafitto con dei chiodi da trave” e non di un decapitato.

E se il particolare, dalle tinte horror, della morte ritardata anche dopo il taglio della testa, sembra echeggiare il martirio di Santa Cecilia, la leggenda dell’assassinio del prefetto potrebbe ricalcare un’altra vicenda storica documentata: la sommossa popolare della città di Bologna del 1164 contro il vicario imperiale del Barbarossa, che si concluse con l’uccisione dell’alto funzionario da parte di un ribelle.

Arnaldo Casali

Su questa e altre storie di santi, killer e zombie, l’autore ha pubblicato il libro Zombi. Strane storie di santi (Graphe.it, 2019)

Avevate mai considerato che la tradizione cristiana pullula di quelli che oggi, con un linguaggio cinematografico, chiameremmo «morti viventi»? Senza rischio di apparire blasfemi, possiamo dire che Gesù è il più celebre dei risorti dalla tomba e una lunga lista di santi e miracolati gli fa corona. Certo, sul piano religioso tutto ciò si lega al concetto della sconfitta della morte e del male, ma si incrocia anche con credenze popolari e bagagli culturali di provenienza differente.

La questione è davvero complessa in termini storico-antropologici, filosofici e narrativi: proprio su quest’ultimo aspetto insiste l’autore di questo appassionante e insolito saggio, andando a scovare nelle Scritture riferimenti ad apparizioni, corpi redivivi e incorrotti, descrizioni disturbanti (che Casali definisce, a ragione, «agiografia splatter»). Con una scrittura vivace e moderna, pone a confronto questi aneddoti devozionali con elementi della cultura non strettamente religiosa e non ci nega ipotesi sulle situazioni di vita concreta che possano aver suscitato alcune leggende poi assorbite nei testi sacri.

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