Le pornoscimmie di Brescia

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L’affresco del XIV secolo rinvenuto in una stanza murata di un antico quartiere di Brescia.

Il pianeta delle scimmie in versione erotica. È rimasto nascosto per secoli, dentro una stanza murata in un antico appartamento del quartiere Carmine di Brescia.

Poi è venuto fuori, all’improvviso e per caso, durante la ristrutturazione dell’edificio.
Tra lo stupore dei restauratori, infatti, in una lunetta affrescata, sotto uno spesso strato di sudiciume e nerofumo, è comparsa una giovane donna che si intrattiene sessualmente con quattro primati e due cani.

Costruita nel XIII secolo e affrescata con vari dipinti allegorici nel XIV, la stanza – di dimensioni molto ridotte (il punto di massima altezza è di 1,65 metri) – è stata murata, probabilmente in epoca rinascimentale, ed è rimasta inaccessibile per secoli, conservando intatto il suo aspetto.

Il dipinto fa parte di un trittico allegorico che rappresenta il mondo rovesciato tipico delle rappresentazioni carnevalesche in cui i re diventano buffoni e i religiosi e le suore figure licenziose.
Non è chiaro se la camera fosse l’alcova di una casa di piacere, ma di certo si trattava di un ambiente riservato. Sin dalla Roma antica, infatti, i lupanari (ovvero le “case chiuse”) presentavano affreschi a tema erotico.

A confermare la sua natura “di servizio” più che artistica, il fatto che l’affresco non presenti una mano particolarmente raffinata. Secondo gli esperti, comunque, il dipinto risale al Quattrocento ed è stato eseguito probabilmente in occasione di una ristrutturazione dell’edificio costruito un secolo prima.

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La donna è attorniata da scimmie, cani e un piccolo rettile, che si prendono cura di lei in modo alquanto originale.

La protagonista della scena – una focosa signora che indossa, non a caso, un abito rosso – interrompe la filatura in cui era impegnata, da brava madre di famiglia, per lasciarsi andare a giochi erotici circondata dagli animali. La sua conocchia, simbolo fallico, viene brandita da una scimmia che siede sullo sgabello come fosse un trono e indossa alla vita una spada, vero e proprio comandante di un esercito di scimmie erotiche che hanno conquistato la casa della donna e si preparano a combattere quello che nel Medioevo veniva definito “dolce fatto d’armi”.

L’esercito delle quattro scimmie ha già iniziato a spogliare la donna che è a piedi nudi, mentre sull’albero che funge da attaccapanni si vede una scarpa, un sacco e degli indumenti.
Se il sacco, sotto il quale si vede una brocca, potrebbe essere la trasposizione iconografica del proverbio secondo cui “senza il vino e il cibo, l’amore viene preso dalla morsa del freddo”, le scarpe maschili trascinate potrebbero alludere alla presenza di un uomo che, entrato nella stanza, osserva l’affresco e si prepara all’atto sessuale.

La donna tiene gli occhi chiusi e la bocca è serrata su un lungo strumento a fiato retto da una scimmia. Nel frattempo un’altra scimmia le ha scoperto i glutei e si prepara a sodomizzarla.

Da notare anche come i glutei nudi della donna siano simili a quelli scimmie stesse, che hanno il posteriore privo di peluria.
D’altra parte, che siano proprio le scimmie ad animare questa scena di sesso “selvaggio” non è certo un caso.

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Nel Medioevo, l’iconografia della scimmia appare spesso in atteggiamenti insoliti.

La proverbiale spudoratezza con la quale le scimmie affrontano gli accoppiamenti, così come l’abitudine di masturbarsi, ne hanno fatto da sempre l’incarnazione simbolica della lascivia primordiale. Il loro aspetto comicamente antropomorfo è in grado di sollecitare l’instaurazione di uno stretto parallelismo tra i bisogni primari di una società che nasconde il proprio desiderio sessuale e le “giungle” nelle quali è collocato l’habitat dei primati.

Animale simbolico per eccellenza, nella cultura occidentale la scimmia incarna una viva intelligenza orientata alla perfidia, alla libidine e all’avarizia litigiosa. Nell’arte e nella letteratura cristiane è raffigurata mentre regge uno specchio tra le mani – l’uomo che, a causa dei suoi vizi, è decaduto allo stato animale, e, in particolare, i peccati capitali di avarizia, lussuria e vanità.
Non va dimenticato, poi, che quella di “scimmia di Dio” è una delle definizioni di Satana (come la scimmia imita l’uomo, infatti, il diavolo imita Dio) e in molti dipinti il demonio viene raffigurato proprio con le fattezze di una scimmia. Nessun animale può meglio incarnare, quindi, l’allegro tentatore al peccato carnale.

Arnaldo Casali