I cinesi l’hanno inventata, gli arabi l’hanno importata, ma sono gli italiani ad averla venduta in tutto il mondo. Perché gli italiani la fanno meglio, e alla fine non è importante inventarti qualcosa, ma metterci il tuo marchio.
E dal 1264 la carta è indissolubilmente legata a Fabriano, che il marchio ce l’ha messo in ogni senso, visto che sono proprio i suoi cartari ad aver inventato la filigrana per far riconoscere ovunque i loro prodotti.
Alzi la mano chi, tra i lettori di questo articolo, non si è ritrovato – da bambino – a contemplare quella distesa bianca che aspettava, silenziosa, il bacio della matita che avevamo tra le mani e a osservare il logo azzurro, con la F e la A che si confondono in una strana geometria.
Chi non ha pensato che Fabriano fosse una marca di prodotti da cartoleria, prima di scoprire che in realtà è una cittadina delle Marche di trentamila anime dove la carta – se non è nata – è comunque partita per la sua conquista del pianeta?
In Cina originariamente i documenti venivano scritti su legno di bambù, molto scomodo da trasportare, o – più raramente – sulla seta, particolarmente costosa.
Secondo la tradizione la carta è stata inventata intorno al 150 dall’eunuco T’sai Lun, dignitario imperiale che riuscì ad ottenere fogli lisci e sottili da un impasto di fibre di gelso, anche se nel corso di scavi archeologici sono stati ritrovati brandelli di carta risalenti addirittura al II secolo avanti Cristo.
In quel periodo, in Europa si scriveva ancora su papiro: il fusto della pianta – importata dall’Egitto – veniva tagliato ottenendo delle fettucce che, incollate tra loro, andavano a formare i fogli.
Per oltre quattromila anni il papiro ha rappresentato il supporto più utilizzato per la scrittura, tanto da dare lo stesso nome alla carta nella maggior parte delle lingue indoeuropee, dall’inglese paper allo stesso italiano: la parola greca “chartes” ha infatti un’origine egiziana e indica proprio i fogli di papiro.
Intorno al 750, mentre gli arabi imparano dai cinesi i primi rudimenti sulla produzione di carta e ne apportano migliorie, in occidente il papiro viene soppiantato dalla pergamena, ottenuta dalla lavorazione della pelle di capra, pecora o vitello.
Già utilizzata da secoli in Medio Oriente (gli Ebrei per i rotoli della scrittura usavano feti di bovino), in Europa la pergamena domina l’editoria per oltre mille anni, anche se – trattandosi di un materiale costosissimo – viene spesso riutilizzato (grattando via la scrittura dai vecchi libri) e contribuisce a lasciare l’alfabetizzazione appannaggio esclusivo delle classi abbienti.
Quando nella seconda metà del XII secolo la carta debutta in Europa segna l’inizio di una vera e propria rivoluzione industriale e culturale. A differenza della pergamena e del papiro – la cui produzione era effettuata in piccole botteghe di artigiani – per fare la carta nascono infatti laboratori che, nel 1150 nella Spagna islamica e successivamente in Sicilia, si trasformano in vere e proprie fabbriche.
Il nuovo materiale usato per la scrittura – molto più economico e versatile di pergamena e papiro – viene ottenuto a partire da scarti di tessuti di vario genere che vengono macerati e mescolati con collanti fino a formare una poltiglia che, pressata e seccata, dà luogo ai fogli.
La prima cartiera cristiana, secondo la leggenda, è stata fondata in Italia, sul Reno, vicino Bologna, intorno al 1200 da Polese da Fabriano. Un personaggio che, in realtà, probabilmente non è mai esistito, così come Heraldo da Praga che – fuggito dalla sua patria nell’anno 990 – avrebbe portato l’arte cartaria nella città di Fabriano.
D’altra parte, prima ancora di diventare la città della carta, Fabriano è già la città delle leggende: una, per esempio, sostiene che il suo nome derivi dal patrizio romano Faberius, proprietario del fondo dove sarebbe sorta poi la città, altre lo fanno derivare dalla presenza di molti fabbri. Lo stesso stemma cittadino, sin dal XIII secolo, ha come emblema un fabbro che batte il ferro su un’incudine. Non manca chi sostiene che il vocabolo derivi dalla fusione di Faber (Fabbro) e Ianus (Giano, il fiume che lo attraversa).
Perché proprio a Fabriano finiscano per concentrarsi tanti cartai, in realtà non si sa con certezza, ma è probabile che la vicinanza con il porto di Ancona abbia favorito gli scambi commerciali con il mondo arabo. Quel che è certo, però, è che nel corso del Duecento da città del ferro Fabriano diventa la città della fabbrica di carta: sorgono infatti tutta una serie di cartiere che nel 1782 si uniranno in un’unica società che ancora oggi detiene il più celebre marchio di fogli da disegno.
La crescente abilità dei sempre più numerosi e qualificati artigiani di Fabriano, fa compiere alla carta un vero e proprio salto di qualità. A fare della cittadina marchigiana la vera e propria culla della carta moderna sono tre grandi innovazioni: la prima – come si diceva – è la filigrana, che consente di inserire segni distintivi che possono essere osservati in controluce; se il marchio di fabbrica permetterà di distinguere i cartai di Fabriano promuovendo i loro prodotti in tutto il mondo, l’innovazione tecnologica protegge l’eccellenza italiana da eventuali contraffazioni, e verrà utilizzata anche e soprattutto nella produzione della carta moneta. Non a caso ancora oggi è proprio la filigrana a segnalare in tutti i paesi che battono moneta l’autenticità delle banconote.
La seconda invenzione di Fabriano è la pila idraulica a magli multipli per battere gli stracci, che elimina il mortaio di pietra e il pestone di legno azionato a mano usato dagli arabi e consente di ottenere fibre più omogenee.
Infine, l’utilizzo della gelatina animale per la collatura superficiale del foglio, permette una migliore scrittura ed elimina l’inconveniente del facile deterioramento della carta dovuto al collaggio con amido di frumento, che era stata la causa principale dei divieti di impiegare la carta per gli atti pubblici delle cancellerie e dei notai.
L’importanza e la diffusione della carta di Fabriano aumenteranno sempre di più con il passare dei decenni: nel 1455 proprio dall’Italia il tipografo tedesco Johannes Gensfleisch zum Gutenberg farà arrivare la carta di canapa su cui verrà stampata la Bibbia di Magonza, ma tra gli altri clienti celebri delle cartiere di Fabriano si annovera anche Michelangelo Buonarroti.
Dopo un periodo di declino – attraversato tra il Seicento e il Settecento – nel 1782 Pietro Miliani riunirà varie botteghe artigiane per fondare le Cartiere Milani Fabriano, destinate a diventare un grande complesso industriale, che otterrà – tra l’altro – la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Londra del 1851.
Nel corso nel Novecento la cartiera verrà nazionalizzata (tra i proprietari spiccheranno il Banco di Napoli, l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e la Banca Nazionale del Lavoro), passando negli anni ’70 all’Ina e nel 2002 al gruppo Fedrigoni di Verona, che – nel 2017 – viene a sua volta ceduto al fondo americano Bain Capital.
Ancora oggi, dopo 755 anni di gloriosa storia, la cartiera di Fabriano non smette di fare soldi. In ogni senso: con l’avvento dell’euro, quella di Fabriano è infatti l’unica cartiera in Italia a ricevere l’incarico dalla Banca Centrale Europea di produrre la carta per le nuove banconote.
Arnaldo Casali
Per informazioni e visite al Museo della carta e della filigrana di Fabriano: www.museodellacarta.com