L’ha fatto Franco Zeffirelli il film più bello che il cinema abbia mai dedicato a Francesco d’Assisi. E ha fatto anche il più brutto. Che poi è lo stesso.
Delle decine di film prodotti in oltre un secolo, Fratello sole, sorella luna è senza dubbio quello che più ha segnato l’immaginario collettivo: i suoi fotogrammi sono diventati santini, la colonna sonora è entrata nel repertorio delle canzoni di chiesa. Eppure non c’è opera più odiata dai critici cinematografici e dagli storici francescanisti.
Tra luoghi comuni e visioni rivoluzionarie, momenti di alta poesia e forte imbarazzo, il cinema ha esplorato quasi ogni aspetto del santo più poliedrico della storia della Chiesa, mostrandolo di volta in volta come mistico e pacifista, sognatore e politico, devoto e dissacratore.
Il “Giullare di Dio” ha ispirato giganti della settima arte come Roberto Rossellini, Liliana Cavani, Franco Zeffirelli, Pierpaolo Pasolini, ma anche Federico Fellini e Lina Wertmuller (che hanno collaborato rispettivamente alle sceneggiature dei film di Fellini e Zeffirelli), e altrettanti grandi nomi che non sono riusciti, però, a mandare in porto i loro progetti, come Gabriele d’Annunzio, Guido Gozzano, Michelangelo Antonioni, Roberto Benigni e Maurizio Nichetti.
La prima apparizione di Francesco sul grande schermo risale al 1911 in Il Poverello di Assisi di Enrico Guazzoni, in cui il santo umbro è interpretato dal torinese Emilio Ghione. Sette anni dopo, nel 1918, arriva il primo vero kolossal: Frate Sole di Mario Corsi e Ugo Falena con Umberto Palmarini e Silvia Malinverni. Restaurato e reso nuovamente disponibile alla visione dalla Cineteca di Bologna, il film racconta la storia del santo attraverso una successione di quadri che si rifanno a Giotto e si avvalgono di sontuose scenografie e incredibili effetti speciali.
L’epoca del muto, per la filmografia francescana, si chiude nel 1927 con Frate Francesco di Giulio Cesare Antamoro, con protagonista Alberto Pasquali: un attore già avvezzo ai ruoli sacri, visto che aveva debuttato nove anni prima interpretando Gesù in Cristo dello stesso Antamoro e aveva ripreso la parte in Redenzione, incentrato su Maria di Magdala.
Il film, che segue l’intera vita del santo dalla conversione alla morte, è meno spettacolare di Frate Sole e più accurato nella ricostruzione storica, anche se i critici lo accusarono di essere freddo e lento.
Il primo film sonoro su Francesco arriva invece dal Messico nel 1944; è San Francisco de Asís di Alberto Gout. Opera dimenticata, forse non a torto, come molte di quelle che la seguiranno (specialmente oltre oceano), piuttosto che lavorare sulle fonti preferisce romanzare la vita del protagonista, soffermandosi su episodi completamente inventati e rimescolando la cronologia di quelli storici.
A rendere giustizia al santo, nel 1950, scende in campo nientemeno che il più grande regista italiano: Roberto Rossellini, reduce da Roma città aperta, Paisà, Germania Anno Zero e Stromboli gira quell’anno Francesco giullare di Dio che rimane, ad oggi, uno dei massimi capolavori del cinema francescano e forse l’unico in grado di cogliere davvero lo spirito del francescanesimo delle origini, restituendo la purezza di un rapporto così immediato con la natura, le creature, e il sacro, tenendosi lontano dalla retorica e dall’oleografia.
A differenza di tutti i suoi predecessori Rossellini, non prende spunto dalla Legenda Maior di Bonaventura da Bagnoregio ma si ispira ai Fioretti e alla Vita di frate Ginepro, racconti popolari di matrice leggendaria ma senza dubbio più fedeli allo spirito del personaggio.
Il grande maestro non si limita ad innovare i contenuti, ma rivoluziona anche la forma, portando il neorealismo nel cinema storico: il film, infatti, è girato tutto in ambienti reali e non in teatri di posa e gli interpreti sono attori non professionisti, ma molto vicini ai personaggi di cui vestono i panni. I fraticelli sono interpretati da tredici veri frati del convento di Maiori, in Campania, mentre a dare il suo volto a Francesco è fra’ Nazario Gerardi, che resta senza dubbio e in ogni senso il Francesco più “vero” della storia del cinema.
Totalmente agli antipodi rispetto all’opera di Rossellini si colloca il primo e ultimo kolossal prodotto a Hollywood: Francesco d’Assisi di Michael Curtiz, uscito nel 1961.
Un incontro improbabile e tardivo, quello tra il leggendario regista di Robin Hood e Casablanca e il Poverello di Assisi, che non può che tradursi in un kolossal senza però l’epica e la potenza ai quali il soggetto si prestava ma, al contrario, con la senilità che si addice a un vecchio maestro che a 75 anni si cimenta con una tematica che gli è completamente estranea.
Cinque anni dopo, nel 1966, arriva la nuova rivoluzione del cinema francescano: quella targata Liliana Cavani, da cui nessuno – da questo momento – potrà più prescindere.
Nata a Carpi in una famiglia operaia laicissima, Liliana ha 33 anni, si è laureata in Lettere, diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia e ha vinto il concorso in Rai (30 posti su 11mila partecipanti): qui ha girato dei documentari sul Terzo Reich e sulle donne della Resistenza.
“Angelo Guglielmi, allora dirigente della Rai, doveva produrre una celebrazione dedicata a Francesco – racconta – uno spettacolo di prosa, da mettere in scena dentro uno studio di via Teulada, con un attore che recitava il Cantico delle creature”.
Liliana, che è rimasta folgorata dalla lettura della Vita di San Francesco di Paul Sabatier, rifiuta di dirigere lo spettacolo e con il budget a disposizione per la serata – trenta milioni di lire – propone di girare un film.
“Rimasi stupefatta dalla modernità di questa figura: la sua è stata una rivoluzione generazionale, e per questo sempre attuale”.
Francesco di Assisi esce nell’ottobre del 1966 ed è il primo film prodotto dalla televisione italiana: viene trasmesso in due puntate ma presentato anche al Festival di Venezia. Il suo Francesco è un giovane ribelle, l’approccio del film profondamente sociale tanto da essere accusato di “criptocomunismo” e sarà considerato un precursore del ’68.
Fa scalpore la scelta del protagonista: il ventitreenne Lou Castel è diventato celebre con il film-scandalo Pugni in tasca di Marco Bellocchio, dove interpreta un ragazzo che massacra la sua famiglia. Nel caso poi non fosse abbastanza chiaro il senso della scelta, Cavani chiama nel cast anche lo stesso Bellocchio come attore, affidandogli una piccola parte. Nel ruolo di Leone, invece, c’è Riccardo Cucciolla, che sarà l’anarchico Nicola Sacco in Sacco e Vanzetti di Montaldo e Antonio Gramsci nel Delitto Matteotti di Florestano Vancini.
Ad oltre cinquant’anni dalla sua uscita, il Francesco di Assisi di Liliana Cavani è considerato il migliore in assoluto tanto dalla critica cinematografica quanto da quella storiografica. A contribuire all’oscuramento del capolavoro, però, appena sei anni dopo arriva Fratello sole, sorella luna, che ne rappresenta quasi la nemesi.
Se il Francesco della Cavani è sessantottino quello di Zeffirelli è hippie; se la regista emiliana gli fa dire “chi non lavora non mangi” citando san Paolo, quello toscano preferisce il Vangelo: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre”.
Ad affiancare il britannico Graham Faulkner ci sono altri volti sconosciuti come Judi Bowker nel ruolo di Chiara e Leigh Lawson in quello di Bernardo da Quintavalle, ma anche nomi importanti come Valentina Cortese (che interpreta la madre Pica), Adolfo Celi (l’ispettore dell’imperatore) e Alec Guinness (Innocenzo III).
La musica riveste nel film un ruolo cruciale, tanto da rappresentare ancora oggi una delle colonne sonore più celebri della storia del cinema: composta da Riz Ortolani, si avvale di due brani scritti con il musicista venticinquenne Jean-Marie Benjamin, destinato a diventare funzionario Onu, organizzatore di grandi eventi televisivi e culturali, prete e inviato speciale di papa Giovanni Paolo II durante la guerra in Iraq.
Le due canzoni – Fratello sole, sorella luna e Preghiera semplice – sono ispirate rispettivamente al Cantico delle Creature e alla preghiera pacifista scritta agli inizi del Novecento ma attribuita tradizionalmente allo stesso Francesco d’Assisi. A cantare entrambe, nella versione italiana, un cantautore di vent’anni che ha appena pubblicato il suo primo album: Claudio Baglioni tornerà poi sui luoghi del film venticinque anni dopo in occasione della promozione dell’album Io sono qui. Per la versione internazionale del film, invece, Zeffirelli si rivolge ad uno dei più grandi cantautori al mondo: Donovan, considerato il “Bob Dylan scozzese”.
Sotto il profilo delle scenografie e dei costumi il film di Zeffirelli è tra i più rigorosi, arrivando a ricostruire la chiesa di San Damiano a grandezza naturale. Le riprese vengono effettuate nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, nella Piana di Castelluccio di Norcia, nell’Abbazia di Sant’Antimo a Castelnuovo dell’Abate a Montalcino, nei boschi vicino Grosseto, e a Gubbio tra i vicoli e nel palazzo dei Consoli, mentre la basilica di San Giovanni in Laterano a Roma viene “interpretata” dal Duomo di Monreale, in provincia di Palermo.
Il film vale anche a Zeffirelli il David di Donatello per la migliore regia. È quindi forse anche il suo straordinario successo una delle cause del progressivo inasprimento del giudizio da parte della critica, unitamente – non c’è dubbio – alle prese di posizione del regista in ambito religioso e politico.
Diciassette anni dopo l’uscita Fratello sole, sorella luna, il “monopolio” di Zeffirelli viene spezzato da un nuovo film, e a farlo è ancora Liliana Cavani, che si riprende il “suo” Francesco con un kolossal che, anche a trent’anni di distanza, resta l’opera più completa sul santo di Assisi, capace di unire poesia, popolarità e rigore storico.
“Il primo film è più acerbo ma avevo bisogno di farlo per capire Francesco, mentre il secondo è la storia di un innamoramento”.
Sono passati 22 anni da Francesco d’Assisi: quella che allora era una regista Rai al suo debutto è diventata uno dei nomi più importanti del cinema italiano: ha girato pietre miliari come Galileo, I cannibali da Sofocle, Al di là del bene e del male da Nietzsche e Il portiere di notte.
Il nuovo film sul santo prende nettamente le distanze da Zeffirelli, ma anche dalla stessa precedente opera di Cavani, di cui si presenta non come un sequel o un approfondimento, ma come un vero e proprio remake. In comune i due film hanno la lunga durata (126 minuti trasmessi in due puntate il primo, 158 per il cinema il secondo), la ricerca storica, la produzione firmata Rai e la scelta provocatoria del protagonista, che questa volta è Mickey Rourke, reso celebre dal più ‘scandaloso’ film erotico degli anni ’80: Nove settimane e ½ interpretato al fianco di Kim Basinger. Proprio nel periodo dell’uscita del film è sotto accusa per il suo aiuto agli orfani dei militanti dell’Ira, l’organizzazione terroristica che combatte per l’indipendenza dell’Irlanda del Nord, a cui sceglie di donare l’intero compenso ricevuto per la pellicola.
Così improbabile sulla carta, il Francesco di Rourke si rivela il più intenso di tutta la filmografia francescana, l’unico in grado di rendere persino il momento mistico dell’impressione delle stimmate.
“Su quel set è nato un sodalizio speciale, irripetibile – spiega Fabio Bussotti, interprete di frate Leone – Di chi è la responsabilità di questa magia? Forse di Francesco stesso, ma anche di una qualità del lavoro che non ho più ritrovato. Uno studio di introspezione sui personaggi, sui rapporti sociali e sul Medioevo che è durato mesi”.
“Con Riccardo di Torrebruna che faceva Pietro Cattani, Paco Reconti che era Rufino e Diego Ribon che interpretava Bernardo da Quintavalle – aggiunge – non siamo semplicemente rimasti amici: siamo diventati davvero fratelli. Lo dico sempre, ci siamo trovati sul set e non ci siamo più lasciati. Amore a prima vista e un’amicizia, vera, rarissima da trovare nel mondo dello spettacolo”.
Quanto quell’esperienza abbia segnato l’attore allora venticinquenne, lo dimostra anche il fatto che alla scena delle stimmate Bussotti abbia dedicato il suo quinto romanzo: San Francesco al Central Park, uscito nel 2017.
Sono passati tredici anni dal capolavoro di Liliana Cavani quando, nel 2002, arriva l’immancabile fiction. A produrla è la Taodue di Pietro Valsecchi e a trasmetterla Canale 5.
In cabina di regia c’è Michele Soavi, che si è fatto le ossa come autore horror al seguito di Dario Argento e ha diretto La Chiesa, La setta e Dellamorte Dellamore. Il protagonista è l’attore del momento: Raoul Bova, affiancato da Gianmarco Tognazzi nei panni di Bernardo da Quintavalle, Claudio Gioè in quelli di Pietro Cattani e Paolo Briguglia in quelli di Silvestro. Pietro di Bernardone è Mariano Rigillo, Toni Bertorelli papa Innocenzo III, Erika Blanc la madre Pica, mentre a dare il volto a Chiara è l’attrice francese Amélie Daure.
Il film – che si chiama esattamente come quello di Liliana Cavani – resterà nella filmografia francescana se non come il peggiore almeno come quello più inutile. Soavi non coglie infatti nemmeno una delle opportunità che aveva di dire qualcosa di nuovo di Francesco: pur avendo a disposizione quasi quattro ore riesce a non aggiungere niente a quello che era stato già raccontato sul Giullare di Dio mettendo insieme un film che sembra essere stato scritto senza aver letto nemmeno un libro sul patrono d’Italia (senza parlare poi delle fonti!) ma semplicemente inventando e scopiazzando i film più famosi.
Un terzo della fiction, infatti, è palesemente plagiata da Fratello sole sorella luna, un altro terzo da Francesco della Cavani e l’ultimo terzo è totalmente inventata senza nessun appoggio né ispirazione dalla vita o dal carattere di Francesco.
Cinque anni dopo la fiction di Canale 5 arriva l’inevitabile risposta della Rai. A produrla la vera e propria “Fabbrica dei santi” televisiva, ovvero la società Lux Vide.
Chiara e Francesco di Fabrizio Costa, nonostante tutti i limiti di un’operazione profondamente istituzionale, rappresenta in realtà qualcosa di piuttosto innovativo nella filmografia francescana. La fiction di Rai Uno è infatti la prima, come recita lo stesso titolo, a mettere sullo stesso piano Chiara e Francesco. Ma è anche la prima a mostrare Francesco come “giullare di Dio”, l’unica a presentare il presepe di Greccio e la prima – dai tempi di Michael Curtiz – a mettere in scena l’incontro con il Sultano.
Appena un mese dopo il debutto televisivo di Chiara e Francesco, il 9 novembre 2007 al festival Popoli e Religioni di Terni viene proiettato, per la prima volta, Il giorno, la notte. Poi l’alba di Paolo Bianchini: un film completamente autoprodotto a bassissimo costo, incentrato sul leggendario incontro tra il santo – di ritorno dalla crociata – e l’imperatore Federico II di Hohenstaufen.
Il progetto prende spunto dal ritrovamento nel Castello Svevo di Bari, intorno al 1400, di una targa che indica il luogo in cui si ritiene fosse avvenuto nel 1220 l’incontro tra il Poverello di Assisi e lo “Stupor Mundi”.
“Il film vuole immaginare questo evento – spiega Bianchini – che contrappose due personaggi singolarmente moderni nei loro modi di pensare ed agire: entrambi convinti dell’inutilità delle guerre di religione, entrambi cercatori di armonie: mistiche e religiose quelle di Francesco, politiche e naturali quelle di Federico”.
Domenica 20 novembre 2011 Liliana Cavani sale ancora sul palco del festival Popoli e Religioni di Terni per presentare la versione restaurata di Francesco di Assisi e ricevere l’Angelo alla carriera e annuncia a sorpresa l’intenzione di girare un terzo film sul santo.
Sono passati 25 anni da Francesco, Liliana Cavani ha girato altri due film per il cinema: Dove siete io son qui nel 1993 con Anna Bonaiuto e Chiara Caselli e Il gioco di Ripley nel 2002 con John Malkovich. Successivamente la regista emiliana si è dedicata alla regia di opere liriche mentre nel 2005 è tornata a girare film per la Rai.
Dopo una gestazione di quasi tre anni (durante i quali la regista realizza un documentario sulle clarisse) le riprese di Francesco iniziano finalmente nel luglio del 2014 a Spoleto, dove in una via del centro storico viene ricostruita la bottega di Bernardone.
Ad interpretare il Poverello questa volta è un perfetto sconosciuto: il polacco Mateusz Kosiulkiewicz; a vestire i panni di Chiara, è invece Sara Serraiocco, giovanissima ma già acclamata attrice abruzzese.
A testimoniare i legami che si erano creati sul set nel 1989, nel cast tornano i tre attori che interpretavano i compagni di Francesco: Diego Ribon, che allora era Bernardo da Quintavalle, ora presta il volto all’avvocato di Bernardone, Paco Reconti che era Rufino qui è il servo Raniero mentre Fabio Bussotti resta frate e dal ruolo di Leone passa a quello di Silvestro.
Come i primi due, anche questo film non solo è totalmente incentrato sulle fonti ma tiene conto dei progressi fatti dagli studi francescani negli ultimi vent’anni, offrendo aspetti completamente inediti. A cominciare dall’incontro con il Sultano. Ma il terzo Francesco di Liliana Cavani è soprattutto il primo film a riabilitare la figura di frate Elia liberandolo dalla “maledizione” in cui era rimasto incatenato per secoli, prima dalle fonti francescane come i Fioretti (a causa della scomunica) e poi dalla letteratura e dalla cinematografia francescana del Novecento (a causa del suo ruolo di “traditore” dell’ideale primitivo). “Ho voluto sottolineare il forte legame che c’è fra Francesco ed Elia fino alla fine – conclude la regista – un’amicizia resa possibile dal fatto che Francesco si rifiuta di giudicare gli altri”.
Appena due anni dopo l’ultimo Francesco di Liliana Cavani arriva al cinema un nuovo film che ne riprende, in qualche modo, le medesime istanze: Il sogno di Francesco di Arnaud Louvet e Renauld Fely è infatti totalmente incentrato sul rapporto tra il Poverello e frate Elia da Cortona.
Il film rappresenta la prima produzione francese sul santo che della Francia porta il nome, e rinsalda un legame che è stato fondamentale sia nella vita di Francesco che negli studi francescani.
Proprio un francese – Paul Sabatier – è stato infatti l’iniziatore degli studi francescani moderni e il fondatore della Società internazionale di studi francescani di Assisi, e francese è il principale studioso francescanista contemporaneo: Jacques Dalarun, che nel 2014 ha ritrovato una vita inedita di Tommaso da Celano, diventando così protagonista della più importante scoperta del secolo in ambito francescano.
Più che raccontare la vita del santo (di cui vengono proposti solo pochi episodi) il film – girato in appena 36 giorni tra la Francia e l’Umbria – ruota attorno al rapporto tra Francesco, ritratto come un sognatore e un utopista, e il suo vicario, pragmatico ma anche molto tormentato, e sulle difficoltà di far approvare la regola dal Papa.
Anche Maurizio Nichetti, una delle menti più creative e anticonformiste dello spettacolo italiano, si è cimentato con la figura di Francesco d’Assisi, e lo ha fatto con un film di animazione che, però, non è ancora uscito.
Il progetto Francesco: una vita in viaggio tra terra e cielo risale addirittura al 2011 e già dal 2013 erano pronte molte scene. Eppure, dopo 8 anni il film non è ancora stato messo in programmazione dalla Rai, che lo ha co-prodotto con Lanterna Magica, lo studio di animazione celebre per La freccia azzurra e La gabbianella e il gatto di Enzo D’Alò.
“Si tratta di una vita di san Francesco per famiglie” racconta Nichetti. “In realtà l’elezione di papa Francesco ci ha un po’ complicato la vita. Prima avremmo potuto completarlo senza che nessuno se ne accorgesse: quando il nuovo papa ha scelto di seguire le orme di Francesco d’Assisi il progetto è diventato più importante, e – paradossalmente – più difficile da realizzare. Perché tutti si sono spaventati: come bisogna parlare di san Francesco adesso che ne parla lo stesso papa? Insomma tutti gli occhi sono puntati su chiunque voglia affrontare l’argomento”.
Non è l’unico progetto ancora incompiuto: è stata annunciata la produzione di una serie televisiva – Franciscus – le cui riprese erano previste tra Umbria e Lazio nel mese di marzo, ma che sono state annullate a causa dell’allarme Sars-CoV-2, creando così il paradosso: se la lebbra non aveva fermato Francesco, il Coronavirus ha fermato chi voleva raccontarne le gesta.
Arnaldo Casali
N.d.a.: La filmografia francescana è un tema ancora inedito in letteratura. Questo articolo rappresenta il primo embrione di un libro – Francesco al cinema – curato dall’autore e di prossima pubblicazione per Graphe.it edizioni.
Filmografia completa
Il Poverello di Assisi di Enrico Guazzoni, Italia, 1911
Frate Sole di Mario Corsi e Ugo Falena, Italia, 1918
Frate Francesco di Giulio Cesare Antamoro, Italia, 1927
San Francisco de Asís di Alberto Gout, Messico, 1944
Francesco giullare di Dio di Roberto Rossellini, Italia, 1950
Francesco d’Assisi (Francis of Assisi) di Michael Curtiz, Stati Uniti,1961
Uccellacci e Uccellini di Pierpaolo Pasolini, Italia, 1966
Francesco di Assisi di Liliana Cavani, Italia, 1966
Fratello sole, sorella luna (Brother Sun, Sister Moon) di Franco Zeffirelli, Italia-Regno Unito, 1972
Francesco di Liliana Cavani, Italia, 1989
Chiara d’Assisi di Serafino Rafaiani, Italia, 1993
Francesco di Michele Soavi, Italia, 2001
Chiara e Francesco di Fabrizio Costa, Italia, 2007
Il giorno, la notte. Poi l’alba di Paolo Bianchini, Italia, 2007
Giro giro tondo di Giacomo Moschetti (cortometraggio), Italia, 2013
Francesco di Liliana Cavani, Italia, 2014
Il sogno di Francesco (L’Ami – François d’Assise et ses frères) di Arnaud Louvet e Renauld Fely, Francia, 2016
Bibliografia essenziale
T. Subini, San Francesco e il cinema in A. Cacciotti, M. Melli (a cura di) Francesco plurale, Edizioni Biblioteca Francescana, Milano 2015
T. Subini, La doppia vita di “Francesco giullare di Dio”. Giulio Andreotti, Félix Morlion e Roberto Rossellini, Libraccio, Milano 2013
E. Mosconi, L’impressione del film. Contributi per una storia culturale del cinema italiano, 1895-1945, Vita e Pensiero, Milano, 2006
G. D’Annunzio, La crociata degli innocenti. Mistero in 4 atti, lavoro originale per cinematografo messo in scena da A. Boutet e A.Traversa, Sonzogno, Milano 1915
G. Gozzano, San Francesco d’Assisi, ed. critica a cura di M. Masoero, Edizioni dell’Orso, Torino, 1997
F. Zeffirelli, Autobiografia, Mondadori, Milano 2006
A. Casali (a cura di), Tra cielo e terra. Cinema, artisti e religione, Pendragon, Bologna, 2011
A. Vauchez, Francesco d’Assisi. Tra storia e memoria, Einaudi, Torino, 2010
G. Conti Calabrese, Pasolini e il sacro, Jaca Book, Milano 1994
A. Canziani, Quando il cinema incontra il non filmabile. “San Francesco” sullo schermo in Il signore ti dia pace. Celebrazioni centenarie dell’Ordine francescano secolare: dalla Regola di Niccolò IV ad oggi (1289-1989), Edizioni Francescane, Bologna 1991
D. Meccoli (a cura di), San Francesco d’Assisi nel cinema dal muto al sonoro, Tipografia Editrice, Roma 1982
E. M. Campani, Cinema e sacro. Divinità, magia e mistero sul grande schermo, Gremese, Roma 2003
M. Benedetti, T. Subini (a cura di), Francesco da Assisi. Storia, arte, mito, Carocci editore, Roma 2019