Sempach, il trionfo degli alabardieri svizzeri

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Arnold Winkelried in un ritratto di Füssli del 1750

Arnold Winkelried in un ritratto di Füssli del 1750

Il cammino della Svizzera verso la secolare indipendenza è frutto degli accordi sottoscritti da città e cantoni, in chiave difensiva, e dalla forza sprigionata sui campi di battaglia dalle formazioni di picchieri e alabardieri.
La battaglia di Sempach, il 9 luglio del 1386, è uno dei momenti fondamentali della storia elvetica, sia perché compromise la posizione di potere degli Asburgo nei territori a sud del fiume Reno, sia perché assunse un forte valore simbolico nella lotta per l’indipendenza e generò, attraverso il sacrificio in battaglia di Arnold von Winckelriet, quello che è considerato il primo eroe nazionale svizzero.

L’antefatto Il territorio che comprende l’attuale Svizzera, fu teatro di scontri militari ed economici nel corso di tutta l’epoca medievale. In questa parte di Europa si scontravano le mire di predominio di diversi signori feudali, di ricche città e di comunità agricole molto gelose delle proprie prerogative.
I tre cantoni principali, Uri, Schwyz e Unterwalden, furono i principali attori della lotta contro gli Asburgo, prima ancora che la dinastia si impossessasse del titolo imperiale. Da un lato c’erano le città e il contado che miravano ad estendere i propri privilegi e la libertà dai signori feudali, dall’altra gli Asburgo che volevano ampliare i loro possedimenti fino a comprendere tutta l’area tra l’Austria e le Alpi. Ed è in questo contesto che i cantoni svizzeri sottoscrissero il patto federale che rimarrà alla base della costituzione della confederazione elvetica. Per oltre cento anni i cantoni e gli Asburgo si sfidano con schermaglie, razzie, colpi di mano, assedi di fortezze e città, scontri nei passi alpini, il tutto alternato a tregue e accordi.

Prima della battaglia Il rapporto tra cantoni e duchi di Asburgo si acuisce quando Leopoldo III pone in essere una intensa campagna di annessione di territori mediante conquiste militari, riscatto di diritti feudali e acquisti in denaro.
I cantoni rispondono con la sottoscrizione di varie leghe cittadine in funzione antiasburgica, tra le quali spiccano Zurigo, Zug, Soletta, Berna, Lucerna e alcune città della Germania meridionale.
Dopo alcune schermaglie e l’assedio della roccaforte di Rotenburg, il duca Leopoldo III decise di fare sul serio e preparò un contrattacco, con una forza di spedizione forte di oltre 4.000 uomini, tra cavalieri raccolti nei possedimenti svevi, alsaziani, argoviesi, turgoviesi e tirolesi, e rinforzata da mercenari italiani, francesi e tedeschi, radunata a Brugg nell’Argau.
Il comando dell’esercito, diviso in tre colonne, era affidato a Giovanni di Ochsenstein e la direttrice di marcia prevedeva l’attacco di Lucerna e Zurigo. E le truppe elvetiche, non più di 1.600 uomini, si apprestarono a difendere quelle città, radunandosi sul Reuss a Gislikon.
Verso la fine di giugno, però, la cavalleria asburgica si presentò sotto le mura di Sempach, una cittadina a 15 chilometri da Lucerna, dopo aver saccheggiato paesi e bruciato i raccolti dell’intera zona.

L'affresco della battaglia nella parete della chiesa di Sempach

L’affresco della battaglia nella parete della chiesa di Sempach

Lo scontro L’avanguardia svizzera e il contingente asburgico si incontrarono, la mattina del 9 luglio del 1386, nei pressi del villaggio di Hildensrieden.
Il terreno non era favorevole all’utilizzo della cavalleria, così il duca Leopoldo III, pensando che quello avvistato fosse un contingente isolato, diede ordine alla prima colonna di smontare e disporsi in quadrato, con le lance puntate contro gli avversari. Le altre due colonne avrebbero atteso il momento opportuno per caricare sui fianchi la formazione elvetica.
I cantonali si disposero in formazione serrata a cuneo, la cui punta era costituita dall’ala destra dell’originaria colonna di marcia (suddivisa in tre tronconi: avanguardia, corpo centrale e retroguardia) e rafforzata dalle unità più combattive.
La formazione elvetica, inoltre, partiva da una posizione sfavorevole, in fondo ad una collina, in cima alla quale già appariva l’avanguardia asburgica.

La cittadina di Sempach

La cittadina di Sempach

Lo scontro iniziò intorno a mezzogiorno, con i due schieramenti che vennero a contatto in cima all’altura.
La preponderanza numerica delle truppe di Leopoldo III fece indietreggiare le forze cantonali, subito pressate sul fianco da alcuni reparti di cavalleria asburgica. Gli svizzeri seppero fronteggiare questo duplice attacco rovesciando la punta del cuneo all’ala sinistra, per fermare la cavalleria, e contenere la fanteria asburgica sul fronte principale.
Nel frattempo gli svizzeri indietreggiavano ancora, ben sapendo che il resto dell’armata elvetica, forte degli uomini del cantone di Uri, era ormai in prossimità del campo di battaglia.
Con l’arrivo dei rinforzi l’azione degli alabardieri svizzeri riprese vigore e, da una situazione difensiva, i cantonali passarono all’attacco, riuscendo ad incunearsi nel fronte asburgico e bloccando le cariche della cavalleria nemica sul fianco.

Winkelried a Sempach in un'opera di Konrad Grob

Winkelried a Sempach in un’opera di Konrad Grob

L’azione risolutiva, secondo la leggenda posteriore, fu opera di Arnold von Winckelriet, il quale, armato di un pesante spadone a due mani, nel momento in cui i due quadrati di picchieri e alabardieri si trovavano in una situazione di stallo, tenendosi a distanza con le lunghe lance, avrebbe urlato: “Ora apro un varco nella loro linea, proteggete, cari concittadini e confederati, mia moglie e i miei bambini”. Detto questo si sarebbe gettato, a peso morto, contro le picche asburgiche, rompendone alcune e facendone abbassare molte, permettendo, così, ai commilitoni di rompere il fronte avversario.

La prima citazione di questo atto, pur anonimo, si trova nelle cronache zurighesi del 1476. Ulteriori elementi e descrizioni si trovano in documenti successivi, redatti tra il 1513 e il 1564 (Diebold Schilling di Lucerna, Aegidius Tschudi).
Il gesto eroico, reale o immaginario, provocò il crollo della prima linea della fanteria di Leopoldo III, spazzata via dagli svizzeri che roteavano le alabarde e le picche come un contadino nei campi di grano al tempo della mietitura.
Il duca tentò di porre rimedio all’avanzata elvetica immettendo sul terreno dello scontro la seconda linea di cavalieri. La carica dei quali, però, si arrestò ben prima di arrivare a tiro della alabarde svizzere, immersa nella confusione creata dalla prima linea in ritirata.
Quei pochi cavalieri che giunsero davanti agli svizzeri non avevano la necessaria forza d’urto per tentare di travolgere il quadrato di picchieri. E finirono disarcionati e uccisi.

Alabarda usata a Sempach, qui senza bastone,  riprodotta da  La Forgia del Grifone

Alabarda usata a Sempach, qui senza bastone, riprodotta da La Forgia del Grifone

Lo scontro proseguì per almeno due ore, con gli svizzeri che avanzavano e finivano sul campo tutti i nemici che rimanevano a terra, mentre la fanteria e la cavalleria nemica cercava la fuga o di rompere il fronte avversario.
La terza linea del duca Leopoldo non intervenne mai: visto come si sviluppava la battaglia, i cavalieri fecero dietro front e fuggirono, portandosi dietro anche le salmerie e i cavalli dei nobili che combattevano appiedati.

Alla fine dello scontro, sul terreno rimasero 1.800 austriaci, tra cui 700 cavalieri, lo stesso duca Leopoldo III, un margravio, tre conti, cinque baroni e tanti nobili (tra cui i rampolli della famiglie d’Aarberg, von Baldegg, von Bechburg, von Büttikon, von Eptingen, von Falkenstein, von Hallwil, von Reinach e von Rotberg).

Gli svizzeri avevano perso appena 200 uomini, ma avevano gettato le basi della futura indipendenza, consolidata con la vittoria nella battaglia di Mortgarten, e inaugurato la lunga stagione di trionfi del quadrato svizzero sui campi di battaglia europei nell’autunno del Medioevo.

Umberto Maiorca

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