Mulieres Salernitanae

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La scrittrice Erika Maderna ci parla di “Mulieres Salernitanae” (Robin Edizioni) opera prima della paleografa Federica Garofalo, curatrice del blog ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com. Il libro, racconto ad episodi di un sorprendente Medioevo al femminile, è ambientato nella opulenta Salerno, patria della celebre Scuola Medica. Sei donne che curano e guariscono, apprezzate dal popolo e ricercate perfino dai re e considerate, al pari degli uomini, valenti medici, chirurghi o cerusici. Le vicende di Trotta, Rebecca, Sabella, Margherita, Venturella e Costanza si snodano dal 1084 al 1422. E mostrano un Medioevo lontano dalla lente del pregiudizio, capace di dare alle donne molti più spazi ed opportunità di quanti ne lasceranno i secoli seguenti.


C’è stato un tempo in cui le donne sono state mediche e chirurghe. Nel volgere di quattro secoli, fra l’XI e il XV secolo, in una Salerno hippocratica civitas, apertissima alle influenze culturali del suo tempo, un gruppo di donne ha coltivato studi dottissimi di medicina, scrivendo trattati, sperimentando empiricamente, ragionando e confrontandosi con gli ingegni più illustri della loro epoca. A testa alta, alla pari.

La sapienza medica e farmaceutica è stata tramandata nei secoli da un succedersi ininterrotto di voci femminili

Nel suo Mulieres Salernitanae, dato alle stampe per Robin Edizioni, Federica Garofalo ci racconta sei straordinarie figure femminili attraverso altrettanti dialoghi, inanellando una catena di eredità sapienziali tramandate di maestra in allieva nel succedersi di alcune generazioni.

Trotta di Guglielmo de Ruggiero, Rebecca di Luca Guarna, Sabella di Matteo Castellomata, Mercuriade, Venturella Consinata, Costanza Calenda, sono le protagoniste di questa narrazione affascinante.

In ogni episodio l’autrice accende i riflettori su una delle mediche salernitane, e attraverso l’espediente narrativo del dialogo ne fotografa un breve frammento di vita, entro il quale il personaggio si rivela nei suoi tratti salienti, nei suoi punti di forza e nelle sue fragilità.

Il Giardino delle Esperidi si apre su una conversazione fra una donna e un pontefice. E non c’è da stupirsi, perché “anche i re devono obbedire ai medici”, e lei è la celebrata maestra di medicina Trotta, o Trotula, mentre lui è papa Gregorio, un uomo ormai vecchio e fragile, gentilmente sostenuto e guidato dalle mani amorevoli di quell’amica dai lineamenti normanni, risoluta e delicata al tempo stesso; il tema centrale del dialogo è quello del potere come veleno, che non risparmia nessun legame, nemmeno quelli di sangue.

Sibilla che scrive, miniatura dal “De Universo” di Rabano Mauro, Montecassino, XI secolo

Una tesi che ritorna anche ne Gli occhi di Tiresia, attraverso una discussione serrata, giocata tra filosofia e alchimia, fra l’imperatrice Costanza e la sua medica personale, Rebecca di Luca Guarna; ma questa volta il potere è inteso come mezzo di affrancamento dalla protagonista, una donna ferita da un’esperienza matrimoniale fatta di violenza, accecata da un’idea di riscatto che arriva a sfiorare il cinismo.

I due volti di Febo sono invece la medicina e la poesia, rappresentati dalle figure della medica Sabella di Matteo Castellomata, allieva di Rebecca e autrice di trattati scientifici, e della trovatrice provenzale Garsenda di Provenza, che palesano qui anche due modalità divergenti di vivere l’amore.

Ne Il tamburo delle Sirene conosciamo la giovane Margherita, detta Mercuriade, che è medica personale dei Rufolo da Ravello. Il suo interlocutore è il grande teologo Tommaso d’Aquino, che con delicatezza intesserà un discorso capace di raggiungere il cuore della giovane, invitandola ad accogliere la femminilità che è in lei, per troppo tempo soffocata.

Minerva dall’occhio azzurro è l’epiteto che il mito attribuisce alla dea più virile e guerresca, ed è anche l’appellativo con cui Francesco Petrarca un giorno ha apostrofato Maria di Pozzuoli: o meglio, il capitano Maria, una giovane donna che guida la guardia della famiglia di Costanzo, una ragazza cresciuta come un maschio da un padre per il quale prova sentimenti conflittuali. In questo racconto venato di ironia, ricco di colore e di sfumature dialettali, Maria è costretta dalla regina a partecipare a un ballo in abiti femminili; e quella vestizione diventerà per lei un percorso di riconciliazione con le proprie origini e con la propria femminilità, del quale si farà in un certo senso levatrice la chirurga Venturella Consinata.

Anche l’ultimo dialogo, Il dono di Plutone, narra di un’iniziazione femminile all’amore. Costanza Calenda, giovane medica fresca di abilitazione, è chiamata a corte per presiedere alla premiazione di una giostra che ha visto vincitore un affascinante cavaliere, Baldassarre Santomango. La ragazza, sprezzante all’idea di farsi rapire da quel Plutone tenebroso che sembra volerla sottrarre al richiamo di una vita dedita alla scienza, scoprirà che colui che credeva suo nemico può rivelarsi l’alleato più fedele. La storia d’amore nascente fra Costanza e Baldassarre è tutta giocata sui simboli del mito per eccellenza dell’iniziazione femminile, quello di Ade e Persefone: la protagonista è una sognante Persefone, con la testa nei fiori della scienza, di colpo incappata nell’incontro inatteso con un uomo che pretende di strapparla al suo mondo con la violenza di un rapitore.

Federica Garofalo, paleografa, è l’autrice del libro “Mulieres salernitanae” (foto: Davide del Giudice)

Quella di Federica Garofalo, che da paleografa è attentissima ai dettagli della narrazione storica, è una scrittura raffinata, puntualissima, dove ricerca documentale e linguistica si uniscono in un bilanciato contrappunto di registri.

La precisione della storica si accompagna però alla capacità di svelare l’universo più intimo delle sue eroine, che pur lontane da noi per contesto cronologico si rivelano interpreti di emozioni e istanze attualissime.

Il palcoscenico che ospita la rappresentazione di questi dialoghi è accuratamente allestito: le sfumature dell’animo delle protagoniste emergono dai dettagli, dai gesti, dalla calibratura linguistica: una ricostruzione magistrale che gli appassionati di Medioevo, ma non solo, apprezzeranno particolarmente.

Sottotraccia, come una musica che accompagna, ci sono i riferimenti ai miti ellenici, con i loro simboli e archetipi universali; insieme all’altra grande nota di fondo, la presenza gentile dell’antica e preziosa sapienza medica e farmaceutica, tramandata nei secoli da un succedersi ininterrotto di voci femminili che fluisce nei gesti cura, negli ingredienti maneggiati con oculata perizia, nei segreti intrisi di magia, alchimia, scienza empirica, curiosa sperimentazione, che ci parlano di tempi in cui cura e medicina sono state soprattutto “cose da donne”.

Erika Maderna

Federica Garofalo
Mulieres Salernitanae
Storie di donne e di cura

Robin Edizioni, 2020
Per maggiori informazioni: scheda libro