Montefalco, la Madonna della Cintola

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madonna-della-cintola1Un capolavoro, dai colori teneri e luminosi. La “Madonna della Cintola” di Benozzo Gozzoli è tornata a casa dopo 167 anni e uno scintillante restauro.
Fino al 30 aprile del 2016, si potrà ammirare nella chiesa museo di San Francesco di Montefalco, affascinante borgo medievale in provincia di Perugia.

La preziosa pala, dal 1848 è custodita nei Musei Vaticani: i montefalchesi la donarono a Pio IX quando il papa concesse al piccolo borgo il titolo di città.
Fu padre Antonio, un francescano di Montefalco che rischiò anche di diventare papa, a commissionare l’opera, nel 1450, al giovane Benozzo per l’altare maggiore della Chiesa di San Fortunato.

L’artista seguì dettami del grande Leon Battista Alberti, secondo il quale una pala d’altare doveva essere semplice, quadrata, costruita in modo impeccabile e dipinta in una “amistà di colori”: nell’italiano del tempo voleva dire che i colori dovevano essere “tra loro amici” e che il gioco cromatico poteva cambiare al variare della luce.

Il risultato non tradì le attese. La tempera e oro su tavola raffigura la Vergine che dona la cintola a San Tommaso, come prova della sua assunzione al cielo.

La scena principale del dipinto è concepita per incentivare la devozione: la Madonna, seduta su un trono di nubi, è circondata da una miriade di angeli; alcuni, in primo piano, suonano strumenti musicali, gli altri, più defilati, sono ancora immersi nella preghiera. I raggi luminosi che emergono dal fondo oro del dipinto, raccontano la gloria e lo splendore del paradiso che attende la Vergine.
L’apostolo Tommaso, che ha sempre bisogno di toccare e vedere per credere, è inginocchiato, quasi proteso, verso la madre di Dio. Tiene un capo della cintola che Maria gli sta porgendo. Lo sguardo che corre tra i due è il preludio all’ultimo saluto. Il sepolcro dal quale, poco prima, la Madonna ha preso il volo, è pieno di fiori. Un albero, tenace come la fede della madre di Gesù, è piantato tra le rocce.

La predella a corredo della pala d’altare ripercorre, a beneficio dei fedeli, la vita della Vergine: ai due estremi la nascita e la morte e, in successione, il matrimonio con Giuseppe, l’annunciazione, la natività di Gesù e la presentazione al tempio. Sulle due lunghe lesene corinzie laterali sono raffigurati sei santi: San Francesco d’Assisi, San Fortunato in abiti vescovili, San Bernardino da Siena, San Ludovico di Tolosa, San Galgano e Sant’Antonio da Padova.

“Un prodigio di azzurro e oro”. Così, Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, ha definito il capolavoro di Benozzo, tornato luminoso dopo il restauro diretto da Arnold Nesselrath e Adele Breda e eseguito da Alessandra Zarelli e Massimo Alesi. La pala aveva subito nei secoli un progressivo degrado, aggravato da antichi restauri che avevano offuscato la luce che emana il dipinto.

MONTEFALCOL’affascinante cromia dell’opera colpì, in modo indelebile, anche lo storico dell’arte Bernard Berenson, che alla fine dell’Ottocento, quando aveva 29 anni, arrivò a Montefalco a dorso di un mulo, affittato a Foligno.

Nella lunga e tortuosa salita fino alla “ringhiera dell’Umbria”, fu accompagnato da un ragazzino che il critico d’arte disegnò, in poche righe, come un putto dipinto da Luca della Robbia.
La fatica dell’ascesa fino al centro del paese, fu ripagata dalla visione della “Madonna della cintola”. Berenson scrisse: “Benozzo sembra aver dimenticato il Paradiso celeste che gli aveva insegnato il suo maestro, il Beato Angelico, per raccontare quel paradiso che è il lembo di terra compreso tra Montefalco e Assisi”.

Federico Fioravanti

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