Titivillus, il demone dei refusi

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La storia poco nota del curioso “demone dei refusi” raccontata da Julio Ignacio González Montañés in Titivillus. Il demone dei refusi (Graphe.it edizioni, 2018). Un personaggio scaturito dall’immaginario medievale, rappresentato attraverso figure demoniache cui spesso erano attribuite doti nella scrittura.

Titivillus, descritto come intento ad annotare su una pergamena peccati, pettegolezzi o omissioni liturgiche, oppure a distrarre la concentrazione di monaci e fedeli, in tempi più recenti, grazie a un fraintendimento o a un giocoso travisamento, si è trovato a incarnare il diavolo dell’errore tipografico. Ma questo aspetto del demone non figura nei testi medievali: è una creazione francese della seconda metà del secolo XIX.

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Titivillus in una miniatura del sec. XIV

Sul finire del secolo XII nella letteratura medievale europea, soprattutto nell’omiletica (l’arte dello scrivere e del pronunciare omelie e sermoni), compare un demone – al principio senza nome ma conosciuto come Titivillus da Guglielmo d’Alvernia – la cui funzione è quella di annotare su una pergamena le sillabe e le parole omesse dai chierici durante la messa, la recita delle Ore e nel canto liturgico, per poi presentarle a Dio come prova incriminante nei loro confronti nel giorno del Giudizio.

Ben presto Titivillus amplia le sue funzioni, incaricandosi anche di annotare le parole inutili (ociosa verba, vaniloquia…) dei fedeli in chiesa e, soprattutto, delle donne, considerate pettegole e maldicenti di natura.
Dinanzi all’ingente numero di mancanze, il demone si vede costretto ad allungare la pergamena con i propri denti in modo da avere maggior spazio per scrivere. Il che, in alcune versioni dell’exemplum, dà vita a una situazione comica, visto che a causa dell’eccessivo allungamento la pergamena finisce per rompersi e il diavolo sbatte la testa contro un muro o sul pavimento, provocando le risate di quanti possono vederlo.

Dal secolo XIX gli è attribuito anche il ruolo di distraente nei confronti degli amanuensi negli scriptoria medievali per indurli in errore, fatto che avrebbe fornito una giustificazione facile ai copisti – e in seguito ai tipografi – per gli errori, di cui unico responsabile sarebbe risultato sempre Titivillus.

Titivillus è il diavolo in alto a destra nel dipinto del 1485 La Vergine della Misericordia attribuito a Diego de la Cruz, conservato nel monastero di Santa Maria la Real de las Huelgas a Burgos, in Spagna

Ho già avuto modo di segnalare in alcuni lavori sull’argomento che questo aspetto di Titivillus non figura nei testi medievali e non figura nell’arte del Medioevo: è una creazione francese della seconda metà del secolo XIX a partire da un’associazione di idee di Victor Le Clerc diffusa nei dizionari dell’epoca e resa popolare da Anatole France.

Tuttavia, a oggi, è un luogo comune considerarlo come il diavolo patrono degli scribi e degli stampatori: una convinzione dura a morire perché è verosimile e si ricollega a un’antichissima tradizione che attribuisce ai demoni le abilità di grammatici e scrittori associandoli ai libri.

Gli exempla medievali sull’operato di Titivillus si connettono a una credenza delle origini del cristianesimo (le Apocalissi di Giovanni e Sofonia, il Discorso sull’Incarnazione di Proclo di Costantinopoli), che sostiene l’esistenza di Libri della Vita in cui angeli e demoni annotano le opere buone e i peccati di ogni essere umano per poi presentarli, alla loro morte, come prove nel Giudizio universale. Tuttavia, in nessuno degli oltre cento testi dei secoli XII-XVII in cui si menziona Titivillus o la sua leggenda c’è il benché minimo riferimento all’attività di colui che confonde gli scribi e sembra chiaro che, almeno nel Medioevo, nessuno lo abbia considerato patrono della calligrafia e che nemmeno nel Rinascimento sia stato visto come demone degli stampatori come si afferma dal secolo XIX fino ai nostri giorni.

Tanto nella letteratura come nel teatro e nell’arte, Titivillus a volte agisce accompagnato da altri demoni che incitano i fedeli alla maldicenza, distraggono i monaci e annotano mancanze e peccati che poi consegnano a Titivillus, che a sua volta li inserisce in una relazione generale.

Titivillus appare tra gli altorilievi che impreziosiscono la facciata della basilica di San Pietro extra moenia di Spoleto. Nell’episodio La morte del giusto, la bilancia che pesa la sua anima, pende dalla parte dei buoni. San Pietro libera il giusto. Il demone mostra nel cartiglio tutta la sua contrarietà: DOLEO Q(uia) AN(te) E(rat) MEUS (“Mi affliggo perché prima era mio”). Ma San Pietro non approva. E colpisce in testa Titivillus con il suo mazzo di chiavi

Nella Summa Predicantium di John Bromyard, per esempio, Titivillus è accompagnato da Grisillus che si incarica di appuntare le parole omesse dai laici mentre lui si concentra su quelle dei chierici: nella Stanza on the Abuse of Prayer di John Audelay (ca. 1426) Titivillus incita al peccato e chi si incarica di annotare le mancanze è il suo compagno Rofyn.

Julio Ignacio González Montañés

Julio Ignacio González Montañés
Titivillus. Il demone dei refusi
Graphe.it edizioni, Perugia 2018.

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