La “cuoca di Savonarola”

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La riproduzione fotografica del quaderno di appunti esposta nella mostra “Un giorno nel Medioevo” (Gubbio, Logge dei Tiratori della lana, fino al 6 gennao 2019)

La ricetta di Girolamo Savonarola per restituire a Firenze la sua gloria e alla Chiesa la sua santità. Insieme a quelle per conservare la frutta, prendersi cura della casa e preparare salse, torte, pomate e profumi.

Il singolare ricettario è stato ritrovato in un opuscolo dell’archivio della famiglia Baldini Libri, e una sua fedele riproduzione si trova esposta alla mostra “Un giorno nel medioevo. La vita quotidiana nelle città italiane dei secoli XI-XIV” organizzata dalla Fondazione CariPerugia Arte in collaborazione con il Festival del Medioevo, e allestita alle Logge dei Tiratori di Gubbio fino al 6 gennaio 2019.

“Si tratta di un opuscolo che ha la fisionomia di un libro di famiglia” spiega Gabriella Macciocca, docente di Scienze dell’antichità filologico-letterarie e storico-artistiche all’Università di Cagliari, che ha studiato il documento e ne sta curando la pubblicazione.

Il libriccino è una sorta di registro ad uso delle donne della famiglia, dove si elencano stoffe usate per la confezione di abiti femminili, ma anche ingredienti per la cucina e la profumeria. La parte centrale dell’opuscolo ospita un ricettario un po’ particolare: “Oltre a ricette dedicate alla conservazione della frutta e alla preparazione di salse, infatti, contiene indicazioni per preparati per la cura della casa, fatti con gli ingredienti della cucina”. Viene spiegato, ad esempio, come pulire gli indumenti con la farina.

Nell’ultima pagina, invece (la carta di risguardo, che oggi chiameremmo quarta di copertina) sono contenute la data e la firma, insieme ad un’interessante annotazione: “Chi scrive afferma di aver assistito ad una predica di frate Girolamo Savonarola in Santa Maria Novella, e riporta sinteticamente il contenuto della predica”.

Predica che ha avuto luogo il 1 aprile 1495, come riportato dall’autrice del manoscritto, che si firma Lisabetta di Jacopo. “La nota cronologica è scritta con la stessa grafia della parte centrale del manoscritto”; tutto il ricettario, dunque, è opera di Lisabetta. Chi sia la donna, però, non è stato ancora stabilito.

“Il nome non figura in quelli delle famiglie Baldini e Libri”; il libretto, però, potrebbe non essere nato all’interno di quelle famiglie, ed essere stato piuttosto acquisito nell’archivio solo successivamente. Viste le sue mansioni si è ipotizzato che Lisabetta fosse la cuoca della famiglia, ma anche questa teoria non convince Macciocca: “La scrittura è calligrafica, praticata con cura e appresa a livello scolastico: questo fa escludere figure di fatica, dedite al lavoro manuale”.

Quel che è certo, è che si tratta di un documento preziosissimo, perché riporta una predica di Savonarola completamente inedita: “Una predica che, nello stile del domenicano, è più politica che religiosa: il frate spiega che Firenze deve tornare ad avere la sua potenza e la sua forza e la Chiesa corrotta necessita di una radicale riforma e invoca l’aiuto del Re di Francia in questa nuova ambiziosa opera di rinnovamento”.

Di fatto la lettura della piccola nota di Lisabetta di Jacopo ci fa precipitare in pieno Medioevo, trasformando la storia in cronaca e permettendoci di vivere “in diretta” il Quattrocento – “quasi Cinquecento” – un po’ come accade a Benigni e Troisi in Non ci resta che piangere, nella cui scena più celebre, peraltro, i due comici scrivono una lettera proprio a Savonarola.

“A ddì primo d’aprile nel mille quatrocento novanta cinque – scrive Lisabetta – che disse fra Girolamo predichando in Santa Maria del Fiore [che la] città di Firençe aveva a raquistare ogni chosa perduta e più che alieva a insignorirsi di qualch’altra terra e farsi più silve che fusse mai e ttutte queste chose mostrò certamente chome profeta dicendo non sono Daniello ma [h]o bene[dett]o quel medesimo lume e puiché minacciò molto la Chiesa dicendo la s’aveva a riformare presto e chon ispada e mostrò avessi a ffar queste chose e’ rre di Franccia el quale disse arrebbe qualche aversità ma nel fine sarebbe vincitore e guidato da dDio e lo vedremmo chonvertire e’ Turchi a’ nostri dì e tutte queste chose l’udì io, sendo alla sua predicha”.

Il valore inestimabile del manoscritto, tuttavia, non è dovuto solo alla predica di Savonarola. Anche la parte culinaria ci regala delle perle uniche nel loro genere: “Il tipo di cucina che viene riportato – spiega Macciocca – è interessantissimo, perché si tratta, di fatto, delle ultime ricette della cucina medievale”. Quando Lisabetta scrive, infatti, l’America è stata scoperta da appena tre anni e non sono ancora arrivati in Europa tutti quegli alimenti che avrebbero rivoluzionato la nostra tavola: “Si parla di piatti che fanno uso di spezie e profumi orientali: non c’è ancora nessuna novità proveniente dal Nuovo Mondo”.

Peraltro, aggiunge la professoressa, “questa dieta povera di gassi e zuccheri sarebbe molto apprezzata nel nostro tempo”. Non a caso Macciocca sta pensando anche di organizzare, per qualche evento pubblico, la preparazione di qualcuna delle ricette di Lisabetta, come la torta di amarene o i preparati con le mele cotogne o i fondi di cottura.
Insomma, un libro di ricette che stuzzica la fame, e non solo quella di cultura.

Arnaldo Casali

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