Igiene d’altri tempi

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De Balneis Puteolanis, Pietro da Eboli (sec. XIII)

Mille anni oscuri e sporchi, sporchissimi; tanto oscuri e sporchi che più neri non si può.
Ce lo immaginiamo, così, il Medioevo: un Medioevo che se non fosse sporco e selvaggio quasi non ci sembrerebbe Medioevo. E invece un altro dei luoghi comuni da abbattere sull’Età di mezzo riguarda proprio l’igiene personale.

Perché gli uomini medievali erano molto più puliti di quanto pensiamo. Certo molto più di quelli che sarebbero venuti dopo, incredibilmente più puliti di quelli del Rinascimento e dell’Illuminismo, ma anche dei nostri nonni dell’Ottocento.

Ci vorrà infatti il XX secolo – con una tecnologia e una disponibilità idrica infinitamente più avanzate – per strappare al Medioevo il primato di epoca più “igienica” della storia.

Non a caso è stato proprio il Medioevo a inventare il sapone, e se nella reggia di Versailles capitava di farsi un unico bagno in tutta la vita – magari in occasione di una malattia – e il Re Sole si detergeva solo il volto con un fazzoletto imbevuto di profumo, nei mille anni più bistrattati della storia ci si lavava anche tutti i giorni. Chi poteva permetterselo, è ovvio.
L’abbandono degli acquedotti romani e la chiusura delle terme infatti, non avevano cancellato dalle case aristocratiche l’amore per l’immersione ristoratrice nell’acqua.

Ovviamente la stanza da bagno, all’epoca, non aveva niente a che fare con la toilette: acqua calda con petali di rosa ed essenze profumate veniva portata nella camera da letto e ci si riempiva una grossa tinozza dotata di uno sgabello e una sorta di tavola, cosicché si potesse rimanere comodamente a mollo mentre si faceva colazione o si lavorava e sono attestati anche dei tappetini da mettere sul fondo della vasca per proteggersi da eventuali scaglie di legno.

ca5c7ec7d86165d18e5251c65a3d9c21Il bagno riveste una grande importanza sotto il profilo igienico, peraltro, anche a causa dell’abitudine di cambiare di rado la biancheria personale, che si toglieva solo di notte per entrare nudi nel letto.

In molti castelli, vicino alle cucine, erano presenti sale con acqua riscaldata riservate alle damigelle che amavano passare il tempo socializzando a mollo e la nobiltà europea spesso intratteneva i propri ospiti con bagni che potevano diventare l’occasione per impressionare amici e rivali con l’esibizione del lusso più sfrenato.

D’altra parte nei romanzi di cavalleria è buona norma offrire un bagno caldo all’ospite che giunge stanco e impolverato mentre tra i doveri delle mogli c’è quello di dare ristoro al marito che arriva a casa dopo una giornata di duro lavoro con acqua, possibilmente calda, e cambio d’abito.

E non si tratta di abitudini caratteristiche solo del basso Medioevo, quello abitualmente considerato più “civilizzato”: Eginardo racconta che Carlo Magno amava molto i bagni e che invitava non solo i propri figli a bagnarsi con lui, ma anche nobili e amici e occasionalmente anche una folla di servitori e guardie, cosicché a volte fino ad un centinaio di uomini potevano trovarsi a fare il bagno con il re.

Intorno alla metà del XII secolo in Italia, nella Spagna cristiana, in Inghilterra e in Germania sorgono zone termali pubbliche attorno a quelli che vengono definiti “vasconi” mentre i crociati importano in Europa le saune, che allora vengono chiamate “stufe”: si conta che nel 1292 Parigi – con una popolazione di 70mila abitanti – avesse 26 terme, Bruges 40 e Bruxelles 30 come Baden Baden in Germania. In Italia sono conosciuti e rinomati fin dall’VIII secolo i bagni pubblici di Ravenna, Pavia, Lucca, Gaeta e Napoli mentre nel basso Medioevo sono famosi quelli di Pisa, Firenze, Roma, Palermo e Salerno. Quelli vicini al monastero di Santa Sofia sono così lussuosi da attirare persino i monaci e le monache delle abbazie vicine.

Sotto Enrico II ogni mattina per le strade di Londra gli strilloni annunciano l’apertura dei bagni al grido: “Signori che voi andiate a bagnarvi, a prendere un bagno caldo, senza indugio, i bagni sono caldi, non c’è inganno!”.
La pubblicità dei bagni diventa così invadente da costringere le autorità a emanare regolamenti che per lasciare dormire la gente in pace impongono di “non far gridare le stufe” finché non sia sorto il sole.
I prezzi sono accessibili e variabili a seconda del servizio e una sorta di medici-barbieri sovrintendono al corretto funzionamento dello stabilimento e al mantenimento delle norme igieniche: ai malati, per esempio, non è consentito bagnarsi negli stessi luoghi dei sani.

miniatura-raffigurante-un-uomo-ed-una-donna-che-condividono-il-bagnoNonostante siano frequentati abitualmente anche da monache e sacerdoti, la Chiesa guarda con sempre maggiore diffidenza i bagni pubblici, ritenendoli un rischio per la castità.
In realtà, almeno in un primo momento, si tratta di critiche ingiustificate; d’altra parte nel Medioevo la concezione del pudore è molto diversa: una scena ricorrente nei romanzi cavallereschi è quella che vede delle fanciulle, spesso le figlie stesse del nobile anfitrione, spogliare il cavaliere spossato dal torneo o un viaggiatore esausto, e fargli il bagno con le loro mani senza alcuna malizia. Altro topos ricorrente nella letteratura è quello di un marito talmente geloso da mandar via persino i servi quando la moglie fa il bagno: un comportamento giudicato ridicolo, e che le novelle vedono quasi sempre punito. È vero anche che in un primo momento i bagni vengono frequentati dagli uomini e dalle donne in giorni diversi o in compartimenti separati.

Con il tempo, però, le cose cambiano: nel Corbaccio, scritto da Giovanni Boccaccio nel 1365, si legge che uno si meraviglierebbe se sapesse “quante e quali solennità” da parte della donna “si servavano nell’andare alle stufe e come spesso” e di Erfurt in Germania, nel XIII secolo si dice: “I bagni di quella città saranno per voi molto piacevoli. Se avete bisogno di lavarvi e amate le comodità, potete entrarvi con fiducia. Sarete ricevuto gentilmente. Una graziosa ragazza vi massaggerà onestamente con la sua dolce mano. Un barbiere esperto vi raderà senza lasciar cadere la minima goccia di sudore sul viso. Stanco del bagno, troverete letto per riposarvi. Poi una donna graziosa, che non vi dispiacerà, con aria verginale vi accomoderà i capelli con abile pettine. Chi non le carpirebbe dei baci, se lui ha voglia e lei non rifiuta? Vi si chiede pure un compenso, un semplice denaro basterà…”.
Non si tratta certo di casi isolati: i bagni si trasformano progressivamente in locali per feste e banchetti, allietati da suonatori e da donne facili e caratterizzati da “una singolare licenza di fronte alle comuni leggi di moralità”, dove “ci si mostrava nudi e con tutta libertà si faceva all’amore”.

medioevo_large10Tuttavia, a decretarne la fine non è la pubblica morale ma la Peste Nera del 1348: c’era infatti la convinzione che il morbo potesse entrare più facilmente attraverso i pori dilatati dal calore, e sicuramente i luoghi affollati diventavano il terreno privilegiato per la diffusione dell’epidemia.

Nel corso del Quattrocento, quindi, le terme cessano di essere un luogo di pubblico ritrovo e diventano un sinonimo di bordello, in cui il bagno o la sauna finiscono per essere solo dei servizi accessori alla prestazione sessuale.

La fine delle terme è certo un brutto colpo per l’igiene pubblica, visto che non tutti possono permettersi il bagno in casa. Va sottolineato, però, che l’uso dell’acqua per lavarsi non è l’unica forma di igiene in uso nel Medioevo.

Anche le fogne a cielo aperto che immaginiamo tra i vicoli delle città medievali, per esempio, sono un falso storico: la rete di fognature era infatti ben presente nel XIII secolo, e anche dove non c’erano le fogne era comunque corrente l’uso di cenere di legna per decomporre i rifiuti organici.

Alcune città come Marsiglia erano dotate di regole sull’igiene delle strade e l’obbligo di spazzare davanti alla propria abitazione o bottega era un impegno al quale nessuno si sottraeva.
Non mancano poi manuali di igiene personale che in qualche modo anticipano il Galateo, dove si consiglia di non asciugare gli occhi o il naso con il lembo della tovaglia, mentre il testo Ménagier de Paris – scritto verso la fine del XIV secolo da un borghese per la sua giovanissima sposa – offre una variante dello sciacqua dita da mettere a tavola: bollire la salvia e aggiungere, una volta scolata e raffreddata l’acqua, scorze d’arancio, rosmarino o lauro.

Ovviamente la condizione dei poveri, come in ogni epoca, è ben diversa. L’abitazione di una famiglia di contadini è costituita da un edificio al piano terra diviso a metà: da una parte ci sono gli animali e dall’altra l’intera famiglia che vive in una sola grande stanza che funge da camera da letto e da cucina. In un angolo c’è il focolare che in moltissimi casi non ha neanche il camino e quindi tutto è annerito dal fumo. Il pavimento è in terra battuta e la toilette è costituita da un gabbiotto in legno con un buco al centro, posto fuori in cortile (come ancora avviene in alcune case contadine della Romania).

Nei castelli, come più tardi nei palazzi e nei conventi, l’acqua è attinta da un pozzo, posto nel cortile. Nelle città, alcune abitazioni dispongono di pozzi neri periodicamente sottoposti a laboriose operazioni di pulitura, ma generalmente l’eliminazione dei rifiuti domestici e dei liquami delle latrine pubbliche e private è affidata a un corso d’acqua. Di fatto i fiumi vengono utilizzati come fonte di approvvigionamento idrico e come veicolo di smaltimenti: nelle loro acque si lavano infatti abiti e biancheria, si scaricano immondizie, carogne di animali, liquami provenienti dalle concerie di pelli e dalle tintorie, e questo è il motivo delle frequenti epidemie.

propulsore-mulino5A Londra l’inquinamento del Tamigi induce assai precocemente a predisporre per gli usi della corte reale alcune opere di canalizzazione delle acque di adduzione, captate da sorgenti lontane, consentendo alla cittadinanza di utilizzarne l’eccedenza. Il primato igienico della capitale inglese dovrà resistere nei secoli, se ancora nel 1756 un visitatore affermerà con ammirazione: “Non esiste una strada importante di Londra che non sia fornita di acqua in tale abbondanza da poter servire con l’acquedotto comune persino i piani superiori delle case”.

Anche le abbazie avevano luoghi deputati al bagno, alla rasatura e ai bisogni fisiologici, a cui si accedeva secondo un calendario fissato per turni. In linea di massima le pratiche igieniche in monastero prevedevano quotidianamente di lavarsi in comune alla fontana. Il sabato, per prepararsi a santificare in modo degno la domenica, potevano procedere alla pulizia completa del corpo, sempre con acqua fredda. In questo stesso giorno si cambiavano i vestiti con i quali si coricavano tutte le sere della settimana.

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Rasoi medievali (foto: www.mondimedievali.net)

Nei monasteri inglesi dell’XI secolo vennero introdotte alcune semplici norme di igiene personale, affidate alla cura e alla responsabilità dell’elemosiniere. Questi provvedeva al riscaldamento del locale per il bagno periodico dei monaci e alla dotazione dell’acqua, versata entro robuste tinozze di quercia o noce; il rituale igienico, che si svolgeva non più di quattro volte all’anno, era completato dalla tonsura ogni tre settimane e dal lavaggio dei piedi il sabato.

Al frate incaricato del refettorio era invece demandata la manutenzione del lavatorium, un lavandino utilizzato prima e dopo ogni pasto e dimensionato per le esigenze contemporanee di tutti. Anche la distribuzione dei servizi igienici rispondeva a precisi requisiti di ordine funzionale: alle spalle del dormitorio, e a esso collegato tramite un ponticello, era generalmente situato l’edificio delle latrine, provvisto di numerosi sedili affiancati. I singoli posti, debitamente arieggiati e separati da paretine più per ragioni climatiche che per motivi di riservatezza, scaricavano direttamente in un corso d’acqua, a volte appositamente deviato allo scopo.

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Il Tacuinum Sanitatis di Bevagna, prontuario medico del sec. XIV

A partire dall’XI secolo si diffondono anche raccolte di precetti in versi per conservare la salute e vivere più a lungo, come i Tacuina sanitatis, il cui testo è attribuito al medico arabo Ibn Botlan, e i Regimen Sanitatis Salernitanum, opera collettiva della scuola medica salernitana che nella prescrizione II, intitolata De confortatione cerebri (per il benessere del cervello), consiglia di lavare le mani e gli occhi al mattino con acqua fresca e pura, di pettinarsi e “purgare” i denti. La prescrizione XXIII, De lotione manuum (lavare le mani), raccomanda di lavarsi le mani dopo aver mangiato, conseguendo il doppio beneficio di mondarle e, pulendosi gli occhi con esse, rendere la vista più acuta. Bartolomeo Sacchi, detto il Platina (1421-1481), nel suo libro De honesta voluptate et valetudine dà alcuni consigli su “Che cosa si debba fare appena alzati”. Innanzitutto “è opportuno lasciar trascorrere un certo intervallo e poi pettinare per bene i capelli e cacciar fuori il catarro che si è accumulato durante la notte. È anche bene lavarsi i piedi e la testa prima di mettersi a mangiare e tergere con cura le deiezioni del corpo che escono dalle parti posteriori. È buona regola sciacquare la bocca con molta acqua, soprattutto d’estate”.

Ad aiutare l’igiene personale, poi, proprio nel Medioevo viene inventato il sapone. Una delle prime ricette particolareggiate la troviamo in una raccolta di formule segrete per gli artigiani che risale al XII secolo. Il procedimento chimico con cui si produce è rimasto sostanzialmente invariato nel corso del tempo: oli e grassi di varia natura vengono bolliti con una soluzione di alcali caustici producendo una reazione da cui si ottiene il sapone grezzo. Ovviamente la qualità dipende dai materiali usati: inizialmente si utilizzava grasso di montone, cenere di legna e soda naturale a cui erano a volte aggiunte erbe aromatiche, mentre per la lavanderia veniva utilizzata una soluzione di lisciva e terra di argilla. Il sego, grasso animale ricavato da bovini e ovini, era all’epoca l’ingrediente principale sia del sapone che delle candele, per cui gli artigiani chiamati candelai spesso facevano e vendevano entrambi i prodotti. L’aggiunta di sale alla fine della bollitura permetteva poi di ottenere delle barre solide, facilmente trasportabili.

1316154791L’odore, però, non doveva essere proprio il massimo della gradevolezza, se in tanti si rifiutano di utilizzare il sapone per lavarsi, a cominciare dall’imperatore Ottone I, di cui racconta il fratello Bruno: “Quando faceva il bagno, non utilizzava mai il sapone o analoga preparazione per rendere lucente la sua pelle, il che è ancora più sorprendente in quanto era al corrente di questo metodo per pulirsi e di gran conforto fin dalla giovane età”.

Le cose cambiano quando in Italia, Spagna e Francia il grasso viene sostituito con l’olio d’oliva bollito con la cenere, e talvolta con sodio carbonato e cedro. Il prodotto finale viene poi aromatizzato con lavanda, gaultheria e cumino dei prati, trasformandosi così in un prodotto ben più gradevole. Certo non abbastanza da rendere più accoglienti e profumate le locande tedesche, della cui igiene si lamenta a lungo Erasmo da Rotterdam.

locandamedioevoNato nel Medioevo (nel 1466) ma morto nel Rinascimento (1536), Erasmo in uno dei suoi Colloquia familiaria, dal titolo “Locande”, comparso a Basilea nel 1523, racconta che nella camera da pranzo di una locanda tedesca molti uomini e donne d’ogni età siedono accanto gli uni agli altri, sia popolani, sia ricchi e nobili e tutti soddisfano le proprie necessità alla presenza degli altri, come togliersi gli stivali e mettersi in ciabatte, cambiarsi la camicia, stendere vicino alla stufa i vestiti fradici di pioggia, ravviarsi i capelli, asciugarsi il sudore, pulire le calzature. Il locale è surriscaldato, tutti sudano, gridano, si spingono, gli odori sono disgustosi, per i rutti che sanno d’aglio, le ventosità del ventre e il fetore degli aliti. Per chi voglia lavarsi le mani è pronta dell’acqua, “ma di solito è così pulita che dopo averla usata devi chiederne dell’altra per nettarti dalla prima abluzione”. La promiscuità è notevole e i pericoli grandi: “La maggior parte ha sicuramente il mal spagnolo o, come altri dice, il morbo gallico, dato che è comune a più nazioni e costoro rappresentano un pericolo non inferiore a quello dei lebbrosi”.
Dopo la descrizione dei cibi, delle bevande e del servizio (tovaglie “che sembrano vele di canapa staccate dall’albero di qualche nave”), si accenna alle camere da letto, in cui esiste “un letto e null’altro che possa servirti”. E la pulizia? “La stessa che a tavola. I lenzuoli, per esempio, vanno al bucato una volta ogni sei mesi”.

D’altra parte, siamo già usciti dal Medioevo: quelli in cui si curava l’igiene erano ormai altri tempi.

Arnaldo Casali

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